Che non esistono più mafie singole, ma una sola con una volontà unitaria, è finalmente un dato di fatto. A darne prova la procura di Reggio Calabria con l’inchiesta coordinata dal procuratore Federico Cafiero de Raho e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, che hanno spiccato l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss Giuseppe Graviano (Cosa nostra) e Rocco Santo Filippone (‘Ndrangheta).
Dopo l’indagine palermitana sui Sistemi Criminali (poi archiviata) e il processo “Gotha” che, sul versante calabrese, riunisce le più importanti inchieste dell’anno scorso, da “Mammasantissima” a “Reghion”, si può dire che, con “‘Ndrangheta stragista”, l’esistenza del sistema criminale integrato è stata acclarata. E che questo sistema è in funzione dei centri di potere facenti capo a uomini delle istituzioni, servizi segreti deviati, apparati dell’alta finanza e massonerie deviate. Ma il percorso processuale per arrivare fin qui non è stato facile.
Torniamo alla metà degli anni ‘90, quando la mafia (Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita) stava per essere sconfitta all’indomani del biennio stragista. E’ proprio qui che nasce l’inchiesta “Sistemi Criminali”, eredità oggi raccolta dai processi “Trattativa Stato-mafia” a Palermo, “Gotha” a Reggio Calabria e dalle indagini sui mandanti esterni alle stragi del ‘92 a Caltanissetta. E, sempre in quegli anni – ‘96-‘97 – le procure che stavano per dare il colpo di grazia alla mafia militare vengono improvvisamente stoppate da quei poteri occulti che ancora oggi vigono in Italia: quella di Caselli a Palermo, dove era in corso la “Sistemi Criminali” di Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia; la procura di Caltanissetta, dove i pm Nino Di Matteo e Luca Tescaroli indagavano, dopo le rivelazioni del pentito deceduto Salvatore Cancemi, sul ruolo di Berlusconi e dell’Utri nelle stragi del ‘92; quella, all’epoca, di Salvatore Boemi a Reggio Calabria, fulcro della quale erano le indagini sull’omicidio di Antonino Scopelliti del 1991.
Grazie a quei caparbi magistrati che, oggi come dieci anni fa, non si sono arresi nella ricerca della verità su quel sistema criminale integrato, sono state raccolte fondamentali prove sulla struttura profondamente unitaria delle mafie in Italia. E ora si aggiunge un importante tassello su un livello segreto ed occulto che oggi è possibile far venire alla luce grazie alle inchieste delle procure siciliane e calabresi. Nonostante gli “stop” del passato, oggi l’inchiesta sull’omicidio dei carabinieri, uccisi per una volontà comune di ‘Ndrangheta e Cosa nostra, dimostra che questo sistema esiste.