La ricerca realizzata dalla Banca di credito cooperativo Mediocrati e dall’Istituto Demoskopika, pubblicata da Il Giornale di Calabria e ripresa anche su questo sito, afferma che il volume d’affari della ‘ndrangheta nel 2010 raggiunge i 5,4 miliardi di euro. Secondo tale studio “il ‘core business’, per le ‘ndrine che operano dallo Stretto al Pollino, è sempre rappresentato dalle estorsioni e dall’usura: almeno tre miliardi di euro di proventi “sporchi”, infatti, provengono da lì. La parte rimanente, 2,4 miliardi, ruota intorno agli appalti pubblici.”
Leggendo quanto apparso sul quotidiano calabrese, i conti non tornano. Ma siamo sicuri che i dati snocciolati rappresentino realmente il giro d’affari di una delle più pericolose e potenti organizzazioni criminali mondiali? Una “mafia” che ha “filiali” in quattro continenti, tanto da essere considerata un pericolo alla stregua di Al Qaeda negli Usa, basa la propria forza economica principalmente su estorsioni ed usura? O forse stiamo dimenticando qualcosa?
Uno dei maggiori esperti al riguardo è, senza alcun dubbio, Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria, che in un’intervista, soffermandosi sui rapporti internazionali delle ‘ndrine e sui principali business che hanno la capacità di produrre tanta ricchezza (droga, rifiuti, armi, estorsioni, ecc. ), dichiara: “(…)bastano poche cifre: il suo fatturato annuo è di 44 miliardi di euro, il 2,9% del Prodotto interno lordo. Il “core business” è rappresentato dal traffico di droga (la ‘ndrangheta controlla quasi tutta la cocaina che circola in Europa): un ricavo di 27.240 milioni di euro all’anno, il 55% in più rispetto al ricavo annuo della Finmeccanica, il gigante dell’industria italiana. “