\"\"Reggio Calabria. La procura ha chiesto il processo per le 161 persone coinvolte nell\’operazione \”Crimine\”. Gli atti depositati ieri alla cancelleria della sezione gip-gup recano in calce le firme del procuratore Giuseppe Pignatone, degli aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, dei sostituti Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda, gli stessi magistrati che avevano coordinato l\’inchiesta e poi firmato l\’avviso di conclusione indagini.

L\’operazione \”Crimine\” sarà ricordata soprattutto per i numeri e la sinergia operativa messa in campo dai magistrati della Dda reggina insieme con i colleghi della Procura distrettuale di Milano. Il 13 luglio dello scorso anno le forze dell\’ordine avevano fatto scattare le manette a oltre 300 persone accusate di appartenere alle cosche di \’ndrangheta attive in provincia di Reggio ma anche in Lombardia, soprattutto a Milano e dintorni. In esecuzione dell\’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del capoluogo lombardo erano stati arrestati in 160. Altri 156 erano stati destinatari di un decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale reggina. Quasi tutti i fermi erano stati successivamente trasformati in arresti.

I provvedimenti avevano raggiunto boss e gregari di alcune tra le più importanti organizzazioni di \’ndrangheta. Basti pensare ai clan o alle cosche del litorale jonico facenti capo alle famiglie Commisso di Siderno, Aquino di Gioiosa Jonica, Pelle di San Luca, organizzazioni attive nell\’area sud della città di Reggio, espressioni delle famiglie Latella e Ficara. Era stata colpita anche la \’ndrangheta tirrenica che annoverava tra le sue fila il detentore della carica di \”Crimine\” un insospettabile ottantenne, Domenico Oppedisano. Dal lavoro d\’indagine condotto da Carabinieri e Polizia era emersa l\’esistenza di un organismo direttivo a livello reggino che coordinava l\’azione delle cosche distribuiti nei tre mandamenti provinciali e da cui dipendono anche le organizzazioni di \’ndrangheta attive in altre regioni, a cominciare da Lombardia, Liguria e Piemonte.

C\’è da dire che l\’ondata di arresti non si era fermata il 13 luglio 2010. L\’inchiesta era andata avanti e nei mesi scorsi c\’era stata la seconda fase dell\’operazione con l\’arresto di numerose persone in Calabria e all\’estero, in particolare Germania, Canada e Australia.

Per gli indagati del troncone lombardo, la Dda di Milano, nel dicembre scorso, aveva chiesto il giudizio immediato per 174 persone, tra cui anche il \”capo dei capi\” Pasquale Zappia.

Ritornando al fronte reggino c\’è da dire che l\’inchiesta \”Crimine\” ha fatto emergere la \’ndrangheta divisa in tre mandamenti (Tirrenico, Città e Jonico) all\’interno dei quali si muovono i \”locali\”, composti a loro volta dalle \’ndrine e dalle famiglie.

Dopo la notifica dell\’avviso di conclusione dell\’inchiesta, diversi indagati hanno chiesto di essere interrogati e molti hanno depositato memorie difensive. Adesso la Dda reggina ha compiuto il passo successivo con la richiesta di rinvio a giudizio per le 161 persone coinvolte nell\’inchiesta che ha svelato scenari nuovi e confermato vecchie conoscenze sulla \’ndrangheta, già esplorate nell\’ambito delle inchieste sfociate nelle varie fasi.

I livelli di pericolosità raggiunti dalle cosche sono stati oggetto di analisi anche davanti alla Commissione parlamentare antimafia: «La \’ndrangheta reggina – era stata la conclusione del procuratore Pignatone – non solo ha accumulato e continua ad accumulare immense ricchezze con il suo ruolo di interlocutore privilegiato dei narcotrafficanti sudamericani ma è anche riuscita ad espandersi in molte parti del mondo a cominciare dalla Lombardia e ad altre regioni del Nord Italia, non solo riproducendo la sua peculiare struttura organizzativa con la creazione di decine di locali e con l\’affiliazione di centinaia di persone ma senza mai interrompere il legame essenziale con la terra d\’origine a cui sono sempre rimesse le decisioni strategiche».

di Paolo Toscano (tratto da Gazzetta del Sud)

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