Già 15 anni fa’ Pino Masciari denunciò le numerose collusioni della \’ndrangheta con politica e istituzioni come, allo stesso tempo, aveva denunciato gli interessi della ‘ndrangheta orientati verso gli appatli pubblici. Delle sue denunce furono protagoniste proprio le cosche dei Pelle, come quelle degli Arena, Vallelunga, Vallelonga ed altre ancora. Leggendo le notizie di questi giorni sull\’ex consigliere regionale della Calabria Santi Zappalà, del Pdl, arrestato il 21 dicembre scorso dai carabinieri quando era ancora in carica, con l\’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione elettorale non si può fare a meno di parlare della “zona grigia” costituita da soggetti distinti dai mafiosi in senso stretto. Al suo interno, si possono distinguere la componente imprenditoriale e quella costituita da professionisti, politici, amministratori pubblici e burocrati. L’area grigia rappresenta il terreno di incontro, dialogo e confronto con soggetti apparentemente insospettabili, che fungono da intermediari e che introducono il rappresentante della criminalità organizzata nel mercato delle attività legali.
Nella vicenda, di cui scrivono alcuni giornali, sono coinvolti familiari di Zappalà e, in particolare, un cugino, Agatino Antonio Guglielmo, impiegato della Corte d\’appello di Reggio Calabria, che avrebbe tentato di sfruttare le sue conoscenze in tribunale per fare accogliere l\’istanza di scarcerazione presentata dai legali di Zappalà. L\’ex consigliere regionale, tra l\’altro, aveva già ottenuto dal Tribunale del riesame un\’attenuazione della sua posizione con la caduta del reato di concorso esterno in associazione mafiosa ed il mantenimento soltanto di quella di corruzione elettorale. Il tentativo di condizionamento del gip è emerso anche dai colloqui che Zappalà ha avuto nel carcere di Nuoro con il fratello ed altri familiari che lo avevano rassicurato sul buon esito del tentativo di fare ottenere dal gip l\’accoglimento della richiesta di scarcerazione. Nell\’informativa si fa anche riferimento alla figura di un non ancora identificato \”presidente\” che si sarebbe attivato a sua volta per fare ottenere a Zappalà la scarcerazione.
Santi Zappalà, dimessosi dall\’incarico nel febbraio scorso, sara\’ processato dal gup di Reggio Calabria con il rito abbreviato. Lo ha deciso ieri il gup Daniela Oliva, accogliendo la richiesta presentata dai difensori di Zappalà, gli avvocati Francesco Albanese e Antonino Curatola. Zappalà è accusato di voto di scambio aggravato dalle modalità mafiose. Zappalà era stato arrestato con l\’accusa di avere incontrato Giuseppe Pelle, boss dell\’omonima cosca di San Luca, andandolo a trovare nella sua abitazione a Bovalino, allo scopo di chiedere il suo sostegno in occasione delle ultime elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del 28 e 29 marzo 2010. Stamani sono comparsi davanti al gup altri sette imputati, oltre a Zappalà, e tutti hanno chiesto il rito abbreviato, ottenendolo. Si tratta di Giuseppe Pelle; di Pietro Nucera, Liliana Aiello e Francesco Iaria, tutti candidati non eletti al Consiglio regionale della Calabria: Nucera e Aiello nella lista Insieme per la Calabria e Iaria nella lista dell\’Udc; di Mario Versaci; di Filippo Iaria; e di Giuseppe Mesiani Mazzacuva. Il gup ha già fissato il calendario delle prossime udienze. Il 13 aprile è in programma la requisitoria dell\’accusa, oggi rappresentata in aula dal pm della Dda Roberto Musarò. Il 4 ed il 25 aprile, invece, parleranno i difensori degli imputati, quindi il giudice emetterà la sentenza.
\”Mistero a Palazzo di Giustizia è caccia a Il Presidente\”
di Giuseppe Baldessarro (Repubblica)
REGGIO CALABRIA – Nelle intercettazioni compare come \”il Presidente\” 1, è un pezzo grosso degli uffici giudiziari di Reggio Calabria. Non è ancora stato individuato dagli inquirenti, ma sarebbe intervenuto per tentare di aggiustare la vicenda processuale di Santi Zappalà. Secondo un\’informativa di carabinieri, per risolvere i guai dell\’ex consigliere regionale del Pdl, finito in carcere nell\’ambito dell\’operazione della Dda \”Reale 3\”, s\’era messa in moto una macchina per tirarlo fuori dal carcere di Nuoro. La vicenda è ricostruita in 91 pagine firmate dal comandante del Ros Stefano Russo. Ed è prevedibile che si tradurrà presto in un vero e proprio terremoto tutto interno al Palazzo di Giustizia. Santi Zappalà fu arrestato il 21 dicembre 2 scorso, con l\’accusa di corruzione elettorale e concorso esterno in associazione mafiosa. Il politico era stato intercettato a casa di un boss di San Luca, Giuseppe Pelle, mentre chiedeva sostegno in vista delle elezioni regionali di maggio scorso. Elezioni che lo avevano visto poi stravincere risultando tra i candidati del Pdl più votati nella provincia di Reggio Calabria. Fin qui le accuse mossegli dalla Procura della Repubblica e contenute in un\’ordinanza di custodia cautelare richiesta a suo tempo dai magistrati della Dda. I primi sospetti agli investigatori sorgono subito dopo l\’esito del Tribunale del Riesame. I giudici, infatti, accolgono parzialmente il ricorso dei legali di Zappalà. Cade l\’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e resta la corruzione elettorale. E\’ una vittoria per l\’ex consigliere regionale, anche se dovrà rimanere in carcere. Tuttavia, le microspie dei carabinieri piazzate nella sala dei colloqui del carcere di \”Badu e Carros\”, in Sardegna, svelano che qualcosa non va. Il fratello del detenuto pronuncia la frase che mette in allarma il Ros: \”Abbiamo scalato una montagna. Ora tu hai la scadenza di termini … omissis .. 90 giorni e ti scade il 21 marzo, però noi abbiamo fondate speranze, buonissime speranze che esci prima, molto prima, hai capito? Che esci molto prima… omissis…\”. Spunta poi il nome di tale Antonello che spiega l\’iter da affrontare in sede giudiziaria. Antonello, come lo chiamano in famiglia, è Agatino Antonino Guglielmo, cugino di Santi Zappalà, e soprattutto funzionario della Corte d\’Appello di Reggio Calabria. Per il Ros è un personaggio chiave della vicenda. Antonino Zappalà, fratello di Santi, porta un messaggio al politico: \”Vedi che mi ha detto tuo cugino Antonello di dirti …. omissis … che non c\’è solo Francesco Albanese e Tonino Curatola (i legali, ndr) … omissis …. c\’è tuo cugino Antonello con loro\”. E oltre al messaggio arrivano anche alcune indicazioni. Scrivono i carabinieri: \”(dal servizio di video sorveglianza si nota Santi Zappalà che, rivolgendosi al fratello Antonio, allargava le braccia e stringeva i pugni come a mimare una persona robusta o importante)\”. Insomma gatta ci cova, così inizia il lavoro del Ros. Gli avvocati poco dopo depositano la richiesta di scarcerazione al Gip. Tenendo sotto controllo Guglielmi saltano fuori numerose telefonate che il dirigente della Corte d\’Appello fa alle cancellerie dell\’ufficio giudiziario, per sapere in tempo reale le decisioni assunte. Ma decisione del Gip a parte (che negherà la scarcerazione) quello che fa saltar dalla sedia gli investigatori è un\’altra questione. Ossia il fatto che i familiari di Zappalà sono già a Nuoro dal giorno prima, sicuri che il politico sarebbe uscito. Certi di riportarselo a casa. Ma da cosa deriva questa certezza? E\’ questo il problema, secondo il Ros si attendevano un qualche intervento che, evidentemente o non c\’è stato o non ha sortito l\’effetto sperato. E non è finita, perché continuando a monitorare le utenze telefoniche e gli ambienti \”emergono in maniera netta almeno quattro figure coinvolte in un disegno concepito per agevolare Santi Zappalà nella sua vicenda giudiziaria\”. La prima è \”quello della cancelleria\” il quale era in contatto con una seconda persona, che con ogni evidenza, \”veicolava le informazioni ad Antonino Zappalà (terza persona)\”. Ma c\’è di più, secondo i carabinieri i familiari dell\’ex politico sapevano anche di essere intercettati. \”Chiara, a tal proposito – si legge nell\’informativa – risulta l\’affermazione di Antonino: \’… qua perché abbiamo parlato noi per questo si è venuto a sapere qualcosa …\’ accompagnata dal gesto eloquente di muovere il dito intorno all\’orecchio, mimante l\’ascolto\”. Chi ha avvertito, aveva saputo evidentemente dal quarto e più importante soggetto coinvolto nella vicenda: il \”Presidente\”. Lo stesso interlocutore interno al palazzo avrebbe poi raccomandato ai familiari di Zappalà di fare attenzione. \”Vedi di non nominare quello che… che non si è saputa la cosa che il Presidente gli aveva detto chi l\’aviva a cacciare …(che lo doveva scarcerare, ndr)\”.