Fonte: Lettera43.it – Ad aver compiuto il progetto federalista di Gianfranco Miglio non è stata (ancora) la Lega Nord, ma la \’ndrangheta. Sembra una battuta, ma sotto sotto è la verità. La criminalità organizzata calabrese, infatti, dopo aver unito l\’Italia da Sud a Nord, ha superato il Carroccio di Umberto Bossi nella creazione delle macroregioni settentrionali: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Spingendosi fino alla Germania dei Land. Basti ricordare la strage di Dusiburg del 15 agosto del 2007.
PADANIA CALABRO 9. È la realizzazione in chiave criminale del progetto della grande Padania che il Senatùr ha riproposto ai suoi elettori a Vicenza domenica 4 dicembre, secondo cui l\’autonomia politica e fiscale di questo territorio potrebbe ridare slancio all\’economia dell\’intero sistema Paese interagendo, appunto, con le regioni più ricche d\’Europa.
PIL DA 325 MILIARDI DI EURO. Non è dato sapere se tra le letture dei clan Valle o Lampada– finiti nel mirino della procura di Milano autrice del blitz che il 30 novembre ha portato in carcere tra gli altri anche il consigliere Pdl della Regione Calabria Franco Morelli – ci siano i volumi del professor Miglio, ma appare evidente che le cosche criminali hanno subito colto l\’idea riformista di questa teoria politica. Che le \’ndrine hanno tradotto centrando la maggior parte dei loro interessi al Nord, in particolare sul territorio lombardo. E generando un Pil simile a quello della Svezia, pari a circa 325 miliardi di euro, in buona parte incassati con il business dello smaltimento dei rifiuti tossici.
Secondo polizia, Finanza e carabinieri, i clan e le aziende collegate hanno conquistato in questi anni molti appalti nelle più importanti infrastrutture lombarde. Dalla Brebemi alla Pedemontana, con l\’occhio puntato sul grande affare dell\’Expo 2015.
Del resto, la \’ndrangheta ha una capacità invasiva ben maggiore di quella di movimenti e partiti. «È traversale, appoggia chiunque nelle campagne elettorali politiche», come ha detto il procuratore Ilda Boccassini che da anni sta cercando di sradicare questo cancro da Milano, ma anche Verona o Torino.
La capacità mimetica della \’ndrangheta
Oltre a contribuire allo sviluppo infrastrutturale del territorio e aver causato danni ambientali in tutta la pianura padana (la \’ndrangheta ha partecipato in questi anni alla costruzione di diverse opere pubbliche conquistando appalti con il «movimento terra» ndr), le cosche calabresi hanno intessuto rapporti molto stretti con la politica. Tanto da ostacolare «il libero esercizio del voto in occasione di competizioni elettorali, facendo confluire preferenze su candidati a loro vicini», secondo il giudice per le indagini preliminari (gip) Giuseppe Gennari
VALLE IL RIFORMISTA. Sarà un caso, ma nel giugno del 2009, in occasione delle elezioni amministrative di Cologno Monzese, l\’affiliato Leonardo Valle ha presentato la sua candidatura nella lista dei Riformisti.
Ha, infatti, scritto Gennari nell\’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere 14 persone: «Cosa avesse di riformista un mafioso è un po\’ difficile da capire. Ma questo fa parte dell\’opera di mimetizzazione che la criminalità organizzata è abituata a praticare con straordinaria abilità». L\’obiettivo era strategico per gli affiliati: penetrare nelle amministrazioni locali di tutto il Nord. Nella Padania, insomma.
Malavita bipartisan: dall\’Udc al Pdl, fino al PD.
Per le elezioni comunali del 2006 di Milano, secondo il gip, i calabresi hanno appoggiato Antonio Oliviero del Partito democratico, diventato tre anni dopo assessore provinciale al Turismo e Moda. E contribuito all\’elezione di Armando Vagliati ex Forza Italia, ora nel Pdl, alla Provincia di Milano del giugno 2009 e alla regione Lombardia del marzo 2010.
In Emilia, invece, secondo gli investigatori le \’ndrine hanno sostenuto Tarcisio Zobbi dell\’Udc alle politiche del 2008 e come consigliere della provincia di Reggio Emilia dal 2004 al 2009.
Un rapporto stretto, quello con la politica, che è stato confermato dalle cene che le famiglie Valle e Lampada tenevano con i \’loro\’ candidati, tutte riportate nel testo dell\’ordinanza. Ma anche dalle tante intercettazioni.
«I POLITICI SONO SEMPRE GLI STESSI». In una di queste occasioni, il 10 marzo del 2008, Giulio Lampada parlò con Zobbi della possibilità di diventare «senatore o deputato», congratulandosi con lui.
La maggior parte dei politici coinvolti nell\’inchiesta, a parte l\’arrestato Francesco Morelli, non sono indagati. Ma, come ha scritto il gip, «sono sempre i soliti a incontrare i mafiosi».
Sarà anche per questo che è stato nuovamente coinvolto in un procedimento sulla criminalità organizzata Gaetano Porcino, deputato dell\’Italia dei Valori di Torino ora nel gruppo Misto: era finito in un faldone della magistratura torinese ed è ricomparso in quella di Milano.
IL FRONTE VENETO E LA LEGA. Come Porcino, un altro nome che torna è quello di Angelo Ciocca, consigliere regionale della Lega Nord in Lombardia. Pur non essendo stato coinvolto nell\’inchiesta Infinito del luglio del 2010, compare in una foto con il boss Filippo Neri messa agli atti dai magistrati.
«Il Veneto è terra di possibile conquista da parte delle mafie, a cominciare dalla \’ndrangheta calabrese, con un crescente traffico transnazionale di droga e armi da guerra che giungono dall\’Est Europa» è stata la conclusione, nel 2011, della Direzione nazionale antimafia.
LE \’NDRINE RINCORRONO LA LEGA. L\’allarme nella regione del Nord Est governata dal Carroccio è sempre stato modesto. Ma negli ultimi mesi si sono moltiplicati nel Nord Est i sequestri ai beni di boss della \’ndrangheta di Verona e Treviso.
Uno di loro è Domenico Multari, 51enne originario di Cutro (Crotone) ma residente a Zimella nel Veronese. In sostanza, la Lega Nord fino adesso ne è rimasta immune, ma i boss continuano a rincorrerla. E pochi giorni fa è stata bloccata nelle Marche l\’iscrizione diDomenico Cesaroni, ex Pdl in odore di criminalità organizzata.