\”E\’ sì una questione di ordine pubblico, certo, ma bisogna assolutamente far capire a tutti, proprio a tutti che la mafia, la camorra, la \’ndrangheta e le associazioni per delinquere sono il frutto di una distorsione culturale! E\’ qui che sta il punto: il malaffare si deve combattere nelle scuole, prima che nelle procure\”.
Così Pino masciari sulle parole del procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone
Di seguito, la notizia.
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Dopo 40 mesi trascorsi alla guida della Procura più difficile del Paese, Giuseppe Pignatone, 62 anni, siciliano, ha ben chiari i termini del problema e dice: «Possiamo arrestare migliaia di affiliati, ma l\’Italia non si libererà della \’ndrangheta se non cambiano la società e la politica. E non solo in Calabria».
Procuratore, lei ha chiesto il trasferimento a Napoli.
Non è esatto: trascorso il tempo previsto, ho solo deciso di candidarmi a una nuova sede. Tra questo e un possibile trasferimento ce ne corre… Oltretutto alla Procura di Napoli aspirano molti colleghi di grande valore.
Anni duri, per la \’ndrangheta. Avete colpito beni per oltre 1,4 miliardi, arrestato più di 1.400 persone; avete applicato norme nuove o poco utilizzate, promosso il lavoro in pool con altre Procure.
Questi numeri testimoniano anche la qualità del lavoro di tanti e non può non esserci sinergia tra gli organi dello Stato. Sulla diffusione della \’ndrangheta fuori dalla Calabria ci sono stati in passato processi importanti, ma ormai è una vera questione nazionale, da contrastare contemporaneamente al Nord, dove le \’ndrine hanno le loro proiezioni economiche (e non solo), e in Calabria dove hanno cuore e cervello. Per questo è decisiva, e continuerà a esserlo, la collaborazione con le altre Direzioni distrettuali antimafia già sperimentata con Milano.
Avete dei collaboratori di giustizia. Non accadeva da anni.
Sì, ed è un risultato di grande rilievo perché mina alla base l\’organizzazione mafiosa, ne svela dall\’interno segreti, struttura, regole, connivenze. Naturalmente è presto per dare un giudizio definitivo, ma finora le dichiarazioni raccolte sono state quasi sempre ritenute attendibili e riscontrate dai giudici. La giovane donna che si è suicidata a Rosarno era una testimone di giustizia, non era indagata, ma prova quale livello di pressione subisca chi fa certe scelte in Calabria.
Da qualche mese, la stampa locale riporta con grande evidenza le accuse di detenuti mafiosi alla Procura e alla polizia giudiziaria di Reggio.
Non mi fa piacere, ma trovo normale questo tipo di polemiche. Un\’azione repressiva efficace determina anche la reazione di chi ne è colpito. Dopo i tentativi di intimidazione aperta e violenta, da alcuni mesi a Reggio si sta sviluppando una \”strategia della confusione\”, per porre sullo stesso piano, quanto meno sui media, chi ha rapporti di scambio di favori con i mafiosi e chi invece i mafiosi li arresta e li processa. Del resto, anche il vicepresidente di Confindustria, Antonello Montante, ha denunciato che «la mafia sta tentando (inutilmente) di delegittimare l\’operato della magistratura e di imprenditori impegnati nella lotta al malaffare».
Fonte: Ilsole24ore.com
Che chi delinque, specie se fa parte di organizzazioni, voglia delegittimare la magistratura, l’organo preposto a perseguirli, non è una novità. Che ne siano stati arrestati tanti di questi criminali è pur vero. Ma è pur vero che quelli che stanno in parlamento e che sono risultati collusi con questi criminali godono dell’impunità parlamentare e non possono essere perseguiti.Le macchine in circolazione vengono sottoposte periodicamente a revisione perché debbono essere sempre efficienti, coloro che aspirano ad amministrarci non vengono sottoposti a nessuna indagine precauzionale per accertare se sono persone oneste e degne del ruolo a cui aspirano. Mi sembra che sia importante radiografare anche questi ultimi, oltre che le macchine.