Lo scorso sabato, 11 marzo 2017, si è svolta ad Alpignano nel torinese, la cerimonia (organizzata dall’associazione Calabresi di Alpignano e Caselette con il patrocinio dall’amministrazione comunale) per intitolare l\’atrio del Movicentro a Peppino Impastato, assassinato il 9 maggio del 1978 dalle mani di Cosa Nostra a seguito delle sue denunce. Erano presenti alla cerimonia, oltre alle figure istituzionali Comunali e Regionali, anche il Cittadino Onorario di Alpignano Pino Masciari, Olimpia Orioli anch\’essa Cittadina Onoraria di Alpignano, il fratello di Peppino, Giovanni Impastato e il testimone di giustizia Mauro Esposito. Vi proponiamo alcune immagini della cerimonia.
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ALPIGNANO DEDICA IL MOVICENTRO A PEPPINO IMPASTATO
Sabato pomeriggio, l’atrio del Movicentro di Alpignano è stato intitolato a Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Alla cerimonia erano presenti il fratello Giovanni, i cittadini onorari Olimpia Orioli e Pino Masciari, le forze dell’ordine e le autorità politiche e istituzionali.
L’evento è stato promosso dall’associazione Calabresi di Alpignano e Caselette e sostenuto dall’amministrazione comunale: “Un progetto cominciato cinque mesi fa. Ho telefonato a Giovanni che si è reso immediatamente disponibile”, dichiara Pasquale Lo Tufo, presidente dell’associazione Calabresi, aggiungendo che sarà istituita una borsa di studio intitolata a Peppino Impastato e sarà erogata ad un ragazzo tra i 14 e 19 anni che realizzerà il miglior spot pubblicitario contro la mafia: “Un simbolo della legalità che sarà poi utilizzato dall’amministrazione comunale in tutte le iniziative che si organizzeranno”. Giovanni Impastato esordisce raccontando alcuni punti salienti che hanno caratterizzato la breve vita di Peppino e, soprattutto, delle origini mafiose della sua famiglia. Un importante aspetto che ha reso Peppino Impastato noto all’opinione pubblica, per aver combattuto la mafia partendo proprio dalla sua famiglia. Nel 1965 fondò la testata giornalistica Idea. Un giornale dirompente, attraverso il quale Peppino accusava con nomi e cognomi i mafiosi. Un’azione che spinse il padre a cacciarlo di casa: “Peppino ha lavorato anche in radio, smitizzando i mafiosi con l’arma dell’ironia”, spiega Giovanni.
Un’ironia che il 9 maggio 1978 gli costò la vita, saltando in aria con la sua auto come accadde allo zio. Giovanni conclude il suo intervento sull’importanza della memoria e su ciò che nutre la mafia: “L’indifferenza ci spinge alla rassegnazione e a non conoscere la verità. Le persone rassegnate a me fanno una grande paura, perché non hanno bisogno della verità e quando manca questa esigenza si spalancano le porte a tutte quelle cose che sono un pericolo per la democrazia”.
Il microfono passa a Pino Masciari e ad Olimpia Orioli. Masciari, ex imprenditore, è stato costretto a rifugiarsi nel nord Italia dopo aver denunciato i suoi estorsori, la Orioli, da 28 anni lotta per conoscere la verità sulla morte del proprio figlio Luca, deceduto in circostanze non ancora chiarite. “Peppino Impastato è stato un esempio di uomo che non ha esitato a denunciare all’interno della sua famiglia quello strapotere, quella cultura, quella mentalità che si tramandava. Anche noi dobbiamo essere come lui, evitando di essere succubi di qualcuno. Non dobbiamo avere paura. Ma se chiudiamo gli occhi e ci voltiamo da un’altra parte siamo complici”, afferma Masciari.
“La mafia è l’assenza dello Stato, ma qui oggi c’è. Lo Stato deve essere presente nelle nostre storie. La mafia usa l’indifferenza e il silenzio per poter vivere”, dichiara la Orioli. La parola passa all’assessore regionale Giovanna Pentenero: “E necessario che tutti capiscano, soprattutto i giovani, che i nostri comportamenti e il nostro agire sono fondamentali per capire che la mafia può essere sconfitta e questo è un passo importante per dimostrare che tutti possiamo essere più liberi all’interno delle nostre comunità”. La consigliera della Città Metropolitana, Anna Merlin, guarda alla satira di Peppino, definendola geniale: “E’ stato un attacco alla politica delle mafie. Attraverso l’avanspettacolo ha prodotto il mancato rispetto, il distruggere il rispetto delle mafie. E questo è assolutamente inammissibile per chi invece fa della paura del rispetto la malavita. Peppino è sicuramente un esempio per tutti noi che combattiamo per cercare di cambiare ciò che è sbagliato. E’ un esempio per tutti i giovani che combattono o che hanno combattuto e che hanno pagato sulla propria pelle”.
Conclude ribadendo una frase di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda!”. Per il vicesindaco di Caselette, Giorgio Motrassino, queste giornate “sono uno stimolo per ricordare e riflettere sull’inderogabile necessità di rinnovare e trasmettere la memoria, storie ed esempi in positivo. Per informarsi e per continuare nella nostra formazione quotidianamente a confronti con i propri ideali per mantenere la rotta verso cui è nostro dovere morale tendere nel perseguimento e nella ricerca della legalità, della solidarietà e della libertà”. Il sindaco, Andrea Oliva, parla del Movicentro: “Faremo in modo che questa struttura viva. Peppino Impastato aveva creato un circolo di musica e cultura e noi vorremmo che in questo luogo la gente possa fare quello che Peppino Impastato aveva iniziato nella sua vita, cultura”.
Il microfono passa a Mauro Esposito, testimone al processo ‘Operazione San Michele’, minacciato dall’‘ndrangheta per non aver ubbidito alle loro richieste: “Rifiutandomi cominciano le minacce personali, alla mia famiglia, ai miei bambini e ai miei dipendenti”. Conclude la manifestazione il prefetto di Torino, Renato Saccone: “La battaglia di Peppino impastato non era in sé la legalità, ma affermare principi di giustizia nella democrazia. Gli indifferenti e gli ignavi pensano solo al proprio tornaconto personale, non hanno il senso della comunità. Dobbiamo rifuggire dalle convenienze, bisogna essere incorruttibili e lo possiamo fare se c’è solidarietà tra noi”. Il 21 marzo si svolgerà la prima giornata nazionale dell’impegno e della memoria nel ricordo delle vittime della mafia.