La correttezza morale cosi come l’ininfluenzabilità condannarono il giovane giudice Livatino ad essere vittima di agguato mafioso. Nel suo anniversario, il migliore ricordo resti il modello tangibile di esempio da seguire e di cui essere orgogliosamente fieri. Pino Masciari
24 anni fa la mafia uccideva il giudice Rosario Livatino
Ricorre domani il 24esimo anniversario dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 nell’agrigentino. Laureatosi a soli 22 anni in giurisprudenza, il “giudice ragazzino”, cosi’ come era stato soprannominato per la sua giovane eta’, era entrato subito nel mondo del lavoro vincendo il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento dove resto’ dall’1 dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Aveva superato infatti un concorso in magistratura diventando uditore giudiziario a Caltanissetta.
Livatino fu ucciso, in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre sul viadotto Gasena, lungo la strada statale 640 Agrigento-Caltanissetta, mentre – senza scorta, con la sua Ford Fiesta amaranto – si recava in Tribunale. Per la sua morte sono stati individuati, grazie al supertestimone Pietro Ivano Nava, i componenti del commando omicida e i mandanti che sono stati tutti condannati in tre diversi processi nei vari gradi di giudizio all’ergastolo, con pene ridotte per i”collaboranti”.
Nella sua attivita’ Livatino si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni. Il 19 luglio 2011 e’ stato firmato dall’arcivescovo di Agrigento il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione, aperto ufficialmente il 21 settembre 2011 nella chiesa di San Domenico di Canicatti’.
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