Pino Masciari commenta così la notizia delle costituzioni di parte civile nei processi ‘Crimine’ e ‘Infinito’ delle Istituzioni e della società civile, in Calabria e Lombardia: “Ben vengano questi segnali di democrazia, perché la criminalità non fa torto solo agli imprenditori o coloro che si ribellano, il danno lo fa a tutta la Calabria e ai calabresi, all’Italia e agli italiani. Deve invece emergere la responsabilità delle Istituzioni e contemporaneamente quella della società civile, esse devono sempre costituirsi parte civile in questi processi, proprio come sta accadendo in questi specifici casi.
E’ un buon segnale perchè quando io denunciai non c’erano le leggi e, personalmente, fui lasciato completamente solo nella mia battaglia, pagando un prezzo altissimo. Oggi le leggi ci sono ed è giusto che vengano attuate. Chi oggi non denuncia lo fa per convenienza, gli alibi sono finiti, ha completamente ragione Tano Grasso. Bisogna stare vicino agli imprenditori, non lasciarli soli, come è successo con me, in questo le Istituzioni e la società civile hanno un ruolo di fondamentale importanza.”
Ripotiamo di seguito i due articoli, tratti da Il Fatto Quotidiano, che riguardano rispettivamente, il processo Crimine che si svolge a Reggio Calabria e il processo \’Infinito\’ che si svolge a Milano:
‘Ndrangheta, al processo Crimine Regione e Provincia si costituiscono parte civile
Un’aula bunker così piena non si ricordava dai tempi del processo “Olimpia”, negli anni novanta, che ha aperto uno squarcio sulla seconda guerra di mafia a Reggio Calabria. E’ iniziato stamattina il processo “Crimine” per i 161 indagati dalla Direzione distrettuale antimafia che, nel luglio del 2010, ha stroncato le principali famiglie mafiose reggine.
Un’inchiesta intrecciata a doppia mandata con l’indagine “Infinito”, coordinata dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini. Davanti al gup Giuseppe Minutoli, nella prima udienza preliminare hanno chiesto di costituirsi parte civile la Regione Calabria, la Provincia di Reggio, l’Anas e due associazioni antiracket: Sos Impresa e Federazione antiracket italiana. Quest’ultima farà la stessa richiesta domani a Milano, durante l’udienza del processo gemello ‘Infinito’. “La costituzione di parte civile delle associazioni antiracket – spiega Tano Grasso, presidente del Fai – vuole far capire agli imprenditori che non sono soli ma sono sostenuti dall’esperienza più che ventennale del movimento contro il pizzo”. “Non possono più esserci alibi – conclude – per l’omertà degli imprenditori lombardi”.
Nonostante l’opposizione del collegio della difesa, il giudice si è riservato di decidere nella prossima udienza, fissata per il 20 giugno. Intanto, il procuratore aggiunto Nicola Gratteri e i sostituti Antonio De Bernardo, Maria Luisa Miranda e Giovanni Musarò hanno inserito nel fascicolo del processo nuovi atti relativi alle inchieste “Circolo formato” della Dda di Reggio e “Minotauro” della procura di Torino. Con “Crimine”, gli inquirenti hanno svelato l’assetto della ‘ndrangheta confermando quanto avevano affermato, in passato, alcuni collaboratori di giustizia. Dichiarazioni che oggi trovano un riscontro nelle numerose intercettazioni telefoniche captate dai carabinieri del Comando Provinciale e della squadra Mobile.
Certamente si tratta di un assetto diverso da quello di Cosa Nostra siciliana ma ugualmente articolato. Pur mantenendo una struttura orizzontale, non ci sono più un’accozzaglia di cosche, famiglie o ‘ndrine scoordinate e scollegate tra di loro, ma un’organizzazione di “tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice”. Una testa pensante che è rappresentata dalla “Provincia” o “Crimine”, di cui fanno parte le famiglie mafiose dei tre mandamenti (tirrenica, jonica e Reggio Calabria città) all’interno dei quali si muovono i “locali”. C’è poi il quarto mandamento, quello della “Lombardia”, che raggruppa tutti i “locali” che operano nella ricca regione del Nord Italia ma che dipendono, comunque, dalla Calabria dove continuano ad essere prese le decisioni importanti, come quella di reprimere nel sangue ogni tentativo autonomista dalla “casa madre”.
Tra i 161 imputati anche l’ottantunenne Domenico Oppedisano, il “capo crimine” detenuto nel supercarcere di Parma. Dalle carte è emersa la caratteristica unitaria della ‘ndrangheta. Don Mico Oppedisano non era certamente il “Totò Riina” calabrese. Era stato nominato “capo-crimine” nel settembre de 2009, in occasione della festa di Polsi, ma non poteva prendere decisioni autonome. Piuttosto era una figura “super partes” individuata anche in base all’età e all’esperienza. A lui, in sostanza, spettava il compito di dirimere i contrasti che potevano sorgere tra le cosche mafiose. Mantenere quell’equilibrio labile che ha portato la ‘ndrangheta ad essere l’organizzazione mafiosa più pericolosa al mondo, leader del narcotraffico internazionale.
Milano, anche l’associazione antiracket parte civile al maxiprocesso contro la ‘ndrangheta
La lotta al pizzo sbarca in Lombardia. Tano Grasso, presidente onorario della Federazione nazionale associazioni antiracket, si è presentato stamattina alla seconda udienza del processo Infinito, scaturito dalla grande operazione contro la ‘ndrangheta del luglio scorso.
La federazione ha chiesto di costituirsi parte civile, così come hanno fatto diversi organismi pubblici e privati: la presidenza del Consiglio, i ministeri dell’Interno e della Difesa, il Commissario straordinario antiracket, la Regione Lombardia (dopo qualche polemica), la Regione Calabria, i Comuni di Pavia, Bollate e Desio (la prima delibera della nuova giunta di centrosinistra), l’associazione Sos Impresa, i curatori fallimentari della galassia Perego strade, l’imprenditore estorto Agostino Augusto, diventato collaboratore di giustizia dopo essere finito sul banco degli imputati nel processo “Bad Boys” a Busto Arsizio.
“Vogliamo coinvolgere la Lombardia nella nostra esperienza nata vent’anni fa a Capo D’Orlando e presente fino a oggi soltanto nel centrosud con settanta associazioni”, spiega Grasso a ilfattoquotidiano.it. La costituzione di parte civile vuol essere un messaggio agli imprenditori del Nord, “per far capire loro che la difesa delle attività economiche dagli attacchi della criminalità non può essere delegata soltanto alla polizia e alla magistratura”.
Gli investigatori antimafia, Ilda Boccassini in testa, lamentano ripetutamente l’omertà diffusa tra gli operatori economici lombardi, dettata a volte dalla convenienza ma spesso anche dalla paura: “Il nostro modello funziona a Palermo, a Catanzaro e a Napoli, a maggior ragione deve funzionare a Milano o a Varese”, continua Grasso. “Facciamo in modo che l’imprenditore non si senta solo nella scelta di denunciare il pizzo e l’usura, grazie all’associazione antiracket che media tra lui e le forze dell’ordine”.
Ieri mattina Grasso era a Reggio Calabria per costituire la Federazione parte civile anche al processo “gemello” originato dall’operazione di luglio. Ma al nord il fenomeno assume una forma diversa: “A Palermo la mafia non pratica l’usura, mentre qui in Lombardia le inchieste ci dicono che la ‘ndrangheta la utilizza per impossessarsi delle imprese, cosa che le interessa più del profitto immediato. Così si formano dei veri e propri monopoli criminali nell’economia lecita, per esempio nel movimento terra”.
Anche il meccanismo delle estorsioni si è adattato alla differente realtà del Nord. “In Sicilia o in Calabria il pizzo è orizzontale, nel senso che funziona per zone dove la quasi totalità degli imprenditori e dei commercianti è costretta a pagare. In Lombardia, invece, è verticale: non per territorio, ma per settore economico. La ‘ndrangheta aggredisce intere filiere, per esempio l’edilizia o i locali notturni, a volte con la richiesta di soldi, ma più spesso imponendo a tutti i propri fornitori”.
Grazie alle associazioni antiracket, afferma Grasso, le ragioni dell’omertà si indeboliscono: “Con la nostra iniziativa, pienamente appoggiata da Confindustria e dal presidente Emma Marcegaglia, togliamo alibi agli imprenditori. La nostra esperienza insegna che si può denunciare l’usura e l’estorsione senza subire alcuna ritorsione”.