Alfonso Russi ha appena pubblicato, per i tipi di una casa editrice calabrese, un interessante libro, dal titolo “Infami” (Falco Editore, Cosenza, pp. 98, euro 10). Il significato del lavoro è reso più perspicuo dal sottotitolo, “Venti storie di ordinaria antimafia”.
Russi, classe 1959, è nato a San Severo ma vive in Umbria, a Foligno. Laureato in geologia, opera attivamente nel campo delle scienze naturali ed ambientali, ma, soprattutto, negli ultimi 6 anni ha svolto presso la Direzione Distruttuale Antimafia di Catanzaro l’attività di consulente tecnico. E’ stato, cioè, come si legge nell’interno, un “trecinquenove”, una figura di esperto prevista dal nuovo codice di procedura penale all’articolo 359. Il pubblico ministero può avvalersi di esperti simili, e Russi ha offerto il suo contributo professionale, lavorando duro in Calabria, ossia nella tana del lupo.
“Infami” nasce proprio da questa esperienza. Per tragica ironia, gli “infami” non sono gli affiliati della ‘ndrangheta, ma, in una visione perfettamente speculare, quelli che rifiutano le sue leggi, il suo sedicente senso dell’onore. Insomma, Russi definisce così le persone per bene, quelle che si ritrovano nei 20 brevi racconti che formano il lavoro, contrapposte con pochi mezzi ad una piovra feroce che penetra in tutta la società calabrese e che, anzi, si è estesa come una metastasi in molte regioni italiane.
L’autore ha sottoposto il racconto delle sue esperienze ad alcune modifiche, che rivelano il suo intento letterario, più che meramente documentario. Il luogo dove ha operato diventa, così, Catreggio, termine che nasconde un luogo reale, ma anche uno metafisico. La ‘ndrangheta, come il male, è ovunque e bisogna attrezzarsi per respingerla. Per quanto potente sia, però, la mafia “non è tutto”, scrive Russi al termine della sua introduzione, ed ha terribilmente ragione.
I suoi racconti sono pieni della realtà quotidiana vissuta dagli abitanti di un avamposto della legalità, senza inutili tirate retoriche. Sono i fatti a parlare, e lo fanno in modo chiarissimo, raccontando degli inganni dei funzionari comunali, delle collusioni tra politici e mafiosi, del clima omertoso che si respira.
In Calabria le giornate passano tra mille difficoltà, respingendo la tentazione della paura. Tra le pagine più significative ed emblematiche, possiamo citare quelle del capitolo “Lettera anonima”. Il pubblico ministero convoca l’autore e gli fa leggere una lettera non firmata; Russi ha in mente le vacanze, il ritorno in famiglia, ma il magistrato lo spinge a giungere fino alla fine del documento, firmato da un padre a cui hanno violentato la figlia. A questo punto, il narratore non può più tirarsi indietro e accetta l’incarico, uscendo di corsa dalla stanza, per non mostrare la sua commozione.
Questi racconti, è evidente, hanno anche una valenza educativa, didattica, vogliono offrire un segnale di speranza ai giovani, e non a caso c’è un capitolo intitolato “Giovani contro le mafie”, denso di passaggi significativi. Alle nuove generazioni Russi vuole far capire “che non si deve dare mai dell’eroe a chi è impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, così come nelle mille lotte quotidiane all’ingiustizia. Il solo pensare che quella persona sia un eroe, del passato o dei nostri tempi, è come affermare che è lontano da noi, dalle nostre possibilità di sentire e di agire”. E’ una frase giustissima, ma che va intesa nel suo senso profondo, e proprio Russi ricorda un eroico protagonista della lotta alla ‘ndrangheta, uno per il quale ha fatto un’eccezione, scrivendo il nome ed il cognome. Si tratta di Pino Masciari, un calabrese che si è ribellato alla mafia, vivendo sotto protezione.
E’ un personaggio che merita di essere meglio conosciuto, magari navigando su internet, come abbiamo fatto anche noi, incuriositi dagli attestati di stima di Alfonso Russi, che ha scritto un volume che si legge tutto d’un fiato, offrendo molte lezioni di vita, di quelle che non è facile trovare spiegate in modo così semplice, anzi, disarmante.
La recensione è tratta da www.francescogiuliani.net