Fonte: Il Giorno – Pioltello, 21 novembre 2011 – Obbedì a «compare Nunzio», il capo dei capi lombardi, al secolo Carmelo Novella, ucciso per ordine arrivato direttamente dalle ’ndrine calabresi decise a punire quella sua voglia di comandare al Nord senza rendere conto «alle famiglie». Una secessione tutta mafiosa fatta di affari e traffici di armi e di stupefacenti, di estorsioni e di usura. Alessandro Manno da Caulonia nel reggino, 47 anni, cresciuto alla scuola Novelli, il primo marzo 2008, su ordine del capo che perseguiva il suo progetto autonomista, si erastaccato dalla cellula di Milano per impiantare una cosca autonoma a Pioltello, dove gestiva il mercato della droga. Locale ora smantellata come le altre 14 della Lombardia dall’operazione Infinito dei carabinieri del Gruppo Monza, sotto la guida del colonnello Giuseppe Spina, coordinati dal procuratore antimafia Ilda Boccassini e dai pm Alessandra Dolci e Paolo Storari.
Quattro anni di intercettazioni e appostamenti, 304 arresti fra Calabria e Lombardia, culminati l’altro ieri nellasentenza record che ha inflitto 110 condanne con il rito abbreviato (sconto di un terzo di pena) a vertici e capibastone dell’organizzazione. La più pesante è proprio per Manno, 16 anni. «Boss di primo piano», per gli inquirenti che con il suo fuedo pioltellese aveva piantato un solido paletto sulla strada accidentata del progetto di egemonia di Novella. Cuore del suo regno, il bar «Cadrega», un nome un programma, che molto ha a che fare con il processo di «settentrionalizzazione» di questi capi con carta di identità lombarda.
Manno resterà in carcere per associazione mafiosa e per traffico di stupefacenti che gestiva dietro la facciata di nullafacente. «Il capo della locale di Pioltello è una figura di primo piano nel sistema con cui la ’ndrangheta si è innervata in tutta la Lombardia per 20 anni», spiegano gli inquirenti. Il discepolo di Novella ha fatto tutta la sua carriera nelle cosche. Da picciotto passa rapidamente ai vertici dell’organizzazione. È presente in tutti i momenti clou della vita della ’ndrine lombarde. Come alla riunione di Cardano al Campo il 20 gennaio 2009, in piena lotta per la successione di compare Nunzio, freddato da due killer il 14 luglio 2008 in un bar di San Vittore Olona.
Con lui è morta definitivamente l’idea di staccarsi dai tre mandamenti calabresi, Ionico, Tirrenico e Del Reggino che negli anni ’80 colonizzò il cuore economico del Paese: la Lombardia, ligia succursale della casa madre per quattro lustri. Un potere basato sui proventi milionari del traffico di armi e delle infiltrazioni negli appalti. Un giro di affari, quello della ’ndrangheta nel Milanese, che vale una fortuna. Basti dire che l’operazione Infinito ha sequestrato ai malavitosi 65 milioni di euro fra beni mobili e immobili, 50 dei quali hanno già superato appelli e ricorsi.
Manno da più di vent’anni abitava a Pioltello, dove era titolare attraverso prestanome e parenti di diverse attività commerciali, fra cui negozi di abbigliamento. Ma è sulle partite di droga in arrivo direttamente dal Sud America che poggiava la sua ricchezza. Dopo la morte di Novella ebbe un problema di legittimazione. Risolto, perchè captano gli investigatori nelle intercettazioni, il boss di Pioltello partecipò alla cena al circolo Falcone-Borsellino di Paderno Dugnano dove si riunirono, ripresi dai carabinieri, i 15 capi dell’ndrangheta lombarda per designare l’erede. Scelsero quel Domenico Zappia che alla lettura della sentenza, sabato sera, si è sentito male: il gup di Milano Roberto Arnaldi l’ha condannato a 14 anni per associazione mafiosa.