Durante la festa della Maronna du Ritu, viaggio tra le strade della cittadina nel cuore della Locride
Isolata tra le pieghe dell’Aspromonte, avvolta da un’atmosfera surreale, colpita da ferite impossibili da rimarginare: la culla della ‘ndrangheta, dopo 13 anni di commissariamenti e giunte sciolte per mafia, ha scelto il suo nuovo sindaco. Ma voltare pagina è difficile
Sono passate da poco le 15.00 a Platì. Le strade sono deserte, e il sole pomeridiano si abbatte torrido sui colli della Locride. Il silenzio assordante lungo la Provinciale 2, che taglia a metà il centro storico, viene interrotto da un frastuono improvviso. Un piccolo corteo di persone sbuca dall’adiacente piazza Domenico De Maio, sede del Municipio che porta il nome del sindaco platiese, ucciso a sangue freddo nel marzo del 1985.
Alla testa del corteo, due maschere raffiguranti un re e una regina. Ai lati, una decina di ragazzini senza casco, che procedono in sella guardinghi, in due o in tre per volta, su motorini senza targhe. Poco dietro, una manciata di bambini a piedi, intenti a seguire le maschere regali. “Iniziano i festeggiamenti della Maronna du Ritu: qui è una tradizione”, ci spiega in dialetto stretto un uomo sorridente, seduto in disparte su dei gradini. Vicino a lui, il figlioletto. Intorno a loro, i preparativi per la festa patronale in onore di Santa Maria di Loreto, in programma ogni anno per la terza domenica di agosto.
Platì, in una calda giornata di piena estate, si presenta agli occhi di chi la osserva così. Isolata e nascosta, tra le pieghe dell’Aspromonte. Avvolta da un’atmosfera surreale. Vestita a festa, nel rispetto delle tradizioni, come un paese qualsiasi. Anche se Platì, 3.800 anime nel cuore della Calabria ionica e 16 commissariamenti prefettizi in poco più cento anni, paese qualsiasi non è. Tra le vie del centro storico e delle frazioni Arsanello, Cirella, Gioppo, Lauro e Senole sono nate alcune delle ‘ndrine più potenti, in Italia e nel mondo: dai Barbaro ai Papalia,
dai Sergi ai Perre. Per anni, esponenti delle cosche hanno trovato tra le montagne dell’Aspromonte una casa e un rifugio, una culla per alimentare i tentacoli di quella piovra che ha finito per avvinghiare e divorare tutto. Anche la speranza, anche in terre lontane da Platì.
Corsico e Buccinasco, due cittadine lombarde di medie dimensioni, ai piedi della grande Milano, hanno scoperto cosa volesse dire la parola ‘ndrangheta. Le cosche platiesi hanno utilizzato queste realtà come base operativa al nord, fin dagli anni ‘70. Sequestri di persona, spaccio di droga, traffico di armi e movimento terra, i mezzi di sostentamento delle ‘ndrine, che hanno trasformato la spensierata Buccinasco nella “Platì del Nord” e adattato il loro modo di operare con il modificarsi del contesto socio-economico, in Italia e lontano dall’Italia.
Canada, Australia e sud America: i tentacoli della ‘ndrangheta sono arrivati anche qui, del resto. Anche di recente. A fine giugno, una maxi-operazione antidroga coordinata dalla Dda di Reggio Calabria e condotta dalla guardia di finanza italiana, dalla polizia nazionale colombiana e dall’agenzia americana Dea ha portato all’arresto di 144 persone – di cui 11 in Italia, 22 in Colombia e 111 in territorio americano – e al sequestro di 11 tonnellate di cocaina. I presunti narcotrafficanti, originari dell’America Latina, organizzavano il trasporto di container carichi di droga, da Balboa Panama ai porti di Civitavecchia e Livorno, passando per Colombia, Perù, Venezuela e Cile. E soggiornavano proprio a Platì, protetti, nella ricostruzione degli inquirenti, dalle coperture fornite dalle ‘ndrine.
I presunti narcotrafficanti erano ospiti graditi tra le pieghe dell’Aspromonte, non lontano dalle vie dove procede il corteo dedicato alla Maronna du Ritu, ora a ritmo incessante, ora a ritmo più scandito. Mamme e nonne si sporgono dai balconi e dalle terrazze, dove sono affissi i cartelli della festa patronale, per controllare figli e nipotini. Mentre ad accompagnare il corteo sono sempre loro, quei ragazzini in moto e senza casco, un po’ sorridenti e un po’ spavaldi, che tengono in mano pistole di plastica simulando una sparatoria.
A Platì, micro cosmo che vive con ritmi e regole tutte sue, i volti nuovi vengono riconosciuti subito. Anche nei giorni di festa. A notarli è un’auto verde, che procede a passo d’uomo percorrendo il medesimo reticolato di strade: via dei fratelli Barbaro e via Giuseppe Cutri, via Rosario Morabito e Vico IV S. Pasquale, via Francesco Perre e via Carbone Domenico. Ad attraversare queste vie, poco dopo, anche un’automobile dei Carabinieri: dalla stazione, all’ingresso del paese, la volante dell’Arma si inoltra lentamente nella ragnatela di strade e condomini fatiscenti, fino al corso principale che porta alla piccola piazza del Duomo.
Non lontano da qui, in una via anonima del paese, troviamo la sede di un’assicurazione. Il suo titolare è il neo primo cittadino di Platì, Rosario Sergi, eletto lo scorso 6 giugno con 1.275 voti, il 63% degli elettori recatisi alle urne. Sergi è diventato sindaco, sostenuto da una lista civica, dopo 13 anni di giunte sciolte per mafia e di commissariamenti prefettizi. “La responsabilità penale è individuale e non può ricadere su un’intera comunità”, è stato il mantra della campagna elettorale del neo sindaco, che ha sconfitto l’avversaria Ilaria Mittiga (figlia di Francesco, due volte a capo di amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose, nel 2001 e nel 2005) e ha sfruttato il ritiro della giovane candidata PD Anna Rita Leonardi, avvenuto agli inizi di maggio per “mancanza di condizioni politiche” adeguate.
Oggi, dopo troppo tempo, Platì ha di nuovo un sindaco. Ma non una stabilità. Parlamento e Amministrazione comunale hanno appena intrapreso un cammino istituzionale complesso, tutto in salita. E mentre la Commissione Antimafia continua a prendere le misure al nuovo primo cittadino, tra le strade dell’Aspromonte si torna a sparare: l’11 giugno, i fratelli Antonio e Michele Barbaro, incensurati, sono stati feriti a colpi di pistola mentre tornavano a casa. Sono le stesse strade percorse dal corteo della festa patronale, ormai fermo. Sono le stesse vie in cui i bambini continuano a sorridere spensierati, dietro alle maschere in festa. Nonostante tutto, nonostante per Platì la speranza sia flebile e le ferite del passato, forse, impossibili da rimarginare.