La vendetta tra i clan contrapposti di San Luca dei Nirta-Strangio e dei Pelle-Vottari ha radici profonde, che risalgono allo scherzo di carnevale del febbraio del 1991 e arrivano alla strage di Duisburg, dell\’agosto del 2007, con la ripresa della faida causata dal ferimento di Francesco Pelle inteso \”Ciccio Pakistan\”, e soprattutto con l\’agguato di Natale del 2006 nel quale ha perso la vita Maria Strangio. In questa sintesi si racchiude la prima parte della requisitoria con la quale il pg Adriana Fimiani ha iniziato ieri la discussione, davanti alla Corte d\’assise di Locri, al processo per la faida e che vede il solo Giovanni Strangio accusato della strage di Duisburg.
Il procuratore generale, che insieme al pm Federico Perrone Capano ha istruito il procedimento penale contro i 14 imputati che hanno scelto il rito ordinario, ha sostenuto: «A seguito del ferimento di Pelle, avvenuto il 31 luglio del 2006 ad Africo, questi ha istigato i propri cugini, i germani Franco, Santo e Sebastiano Vottari, ad eseguire una vendetta contro i Nirta-Strangio, ritenendoli gli esecutori del suo attentato. Dopo un primo momento di sconforto del Pelle – ha proseguito il pg Fimiani – che credeva di essere stato abbandonato dai propri congiunti, tra novembre e dicembre del 2006 i cugini si riavvicinano e, il giorno di Natale quattro ragazzi concretizzano i propositi di vendetta cercando di uccidere i fratelli Giovanni Luca e Francesco Nirta, sbagliando però il bersaglio ferendoli, insieme al minore D.S. e, poco dopo, a Francesco Colorisi, ma uccidendo Maria Strangio». Secondo il pg ad organizzare l\’agguato, «su mandato di \”Pakistan\” sarebbe stato Franco Vottari, ritenuto al vertice dell\’omonimo clan, mentre ad eseguirlo ci sarebbe stato Sebastiano Vottari, ritenuto il \”più impaziente nel compiere l\’agguato\”, affiancato da tre giovani, rimasti ignoti».
Per quello che è stato definito «uno zonzo», la morte di Maria Strangio, il pg si è riportato all\’intercettazione nel carcere di Carinola tra Giuseppe Pelle \”Gambazza\”, ed il suocero Francesco Barbaro, alias \”u castanu\”. Un dialogo che per la Dda è una sorta di pietra miliare nelle indagini sulla ripresa della faida. I due hanno parlato dei propositi di rivalsa di Pelle Pakistan e della manifesta volontà di Franco Vottari ad organizzare l\’assalto, nonostante fosse stato \”sconsigliato\” dal cognato Giuseppe Pelle. A Carinola Pelle e Barbaro discussero anche di possibili soluzioni, cercando di interessare per una tregua anche altre famiglie della \’ndrangheta esterne a San Luca. E su questa volontà di promuovere una pace con interventi extraterritoriali, dei due \”maggiorenti\” il pg Fimiani ha richiamato l\’attenzione sulle vicende avvenute tra il 1991 e il 1993, cioè nella prima fase dello scontro, da carnevale alla strage del 1 maggio, con l\’intermezzo dell\’omicidio di Antonio Vottari (cl. 62), ucciso nel 1992, dalla quale si è usciti grazie all\’intervento dei maggiori clan della provincia, in un summit a San Luca.
Di quella prima sanguinosa fase ha parlato anche il collaboratore Rocco Mammoliti, raccontando le vicende apprese dai cugini Rocco e Francesco Mammoliti, che però in sede d\’esame negarono di conoscere i fatti. Tanto che ieri la dott. Fimiani ha anticipato nei loro confronti la richiesta di trasmissione degli atti alla Dda per falsa testimonianza, aggravata dal tentativo di favorire la cosca dei Nirta-Strangio. La testimonianza di Mammoliti era temuta, tanto che ieri il pg ha richiamato l\’attenzione sull\’intercettazione di una chat avvenuta pochi giorni prima dell\’esame del teste, tra Angela Strangio, sorella di Giovanni, e Pietro Pratticò (entrambi condannati martedì per associazione mafiosa), nella quale la donna rilevava che il \”pentito\” era a conoscenza di tutti i fatti e che lei stessa aveva consigliato di farlo eliminare prima della deposizione. Il pg ha rilevato che per il giorno del delitto Strangio i fratelli Franco e Sebastiano Vottari hanno cercato di costituirsi un alibi: «Quello di Franco Vottari è stato smentito dal collaboratore Marino – ha rilevato il giudice – e dai tabulati del suo telefono; mentre quello del fratello relativo alla videocassetta rilevatesi falsata, del pranzo di Natale è frutto di un brutto pasticcio».
La dottoressa Fimiani ha chiuso la prima parte (riprenderà oggi) richiamando l\’attenzione sulla forza intimidatrice dei clan, ma anche sulla paura di ritorsioni costringevano gli affiliati a nascondersi nei bunker, quartieri generali di un conflitto che ha portato lutti nel paese di Alvaro per vent\’anni.
tratto da La Gazzetta del Sud