Il consigliere regionale del Pdl accusato di voto di scambio. Per tre non eletti contestata l\’associazione mafiosa.
E\’ stato notificato oggi l\’avviso di conclusione indagini a carico dell\’ex consigliere regionale Santi Zappalà e di altre sette persone accusate di voto di scambio.
Tra cui politici candidati alle elezioni del 2010 (ma non eletti) ed alcuni presunti appartenenti alla cosca Pelle di San Luca.
A firmare il documento, notificato in carcere per tutti gli indagati, il procuratore Giuseppe Pignatone, gli aggiunti Nicola Gratteri e Michele Prestipino e il sostituto Giovanni Musarò.
Per Zappalà il reato contestato è quello di corruzione elettorale poiché l\’allora candidato consigliere regionale nelle liste del Pdl si sarebbe recato a casa del boss Giuseppe Pelle per offrire, “in cambio di un consistente pacchetto di voti”, “una corsia preferenziale a favore delle imprese di riferimento della cosca” e “il trasferimento in istituti penitenziari calabresi di Salvatore Pelle, altro elemento di vertice della cosca, detenuto a Roma”. Non è contemplata per lui, almeno in questa parte dell\’indagine, l\’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa formulata al momento dell\’arresto avvenuto lo scorso 22 dicembre nell\’ambito dell\’nchiesta Reale.
Oltre a Zappalà la conclusione indagini riguarda anche Giuseppe Pelle, Liliana Aiello, Francesco Iaria, Filippo Iaria, Giuseppe Mesiani Mazzacuva, Pietro Antonio Nucera e Mario Versaci. Questi ultimi quattro accusati di associazione mafiosa quali appartenenti alla cosca Pelle.
Nucera, lista “Insieme per la Calabria”, si sarebbe proposto “quale candidato di riferimento della cosca” e avrebbe messo “a disposizione del clan stesso le sue competenze mediche in particolare per l’eventuale cura di latitanti”;
Iaria, lista “Unione di Centro”, avrebbe invece promesso ai boss “l’esecuzione di lavori in sub appalto e la possibilità di ottenere finanziamenti bancari a condizioni vantaggiose”;
Liliana Aiello, lista “Insieme per la Calabria” si sarebbe detta disponibile a “stima, riconoscenza, amicizia e tutto”.
Al boss Pelle viene invece contestato di aver accettato quelle promesse per trarre vantaggi per la cosca da lui capeggiata.
Egregio signor Masciari,
mi tolgo il cappello e mi inchino di fronte a Lei ed a sua moglie. In poco tempo ho letto il Vostro libro, Organizzare il Coraggio. La sua triste conclusione è che tra le tantissime prove di coscienza civile che Lei riporta vi è la freddezza, la distanza di educazione e di cultura di molti, troppi comuni, pubblici amministratori, popolazione calabrese che accetta e convive con la criminalità organizzata. Ma Lei ha una volontà di ferro e la lucida consapevolezza della correttezza del suo approccio, sorretto anche dalla fede. Mi ritengo fortunato di vivere a Milano, attivo si in ambienti economici di primo livello (la siderurgia) per tutta la vita (ora sono praticamente pensionato), ma giammai venuto a contatto con malavita organizzata o non e quindi mai nel dilemma di una scelta di comportamento. Ho sempre vissuto nella convinzione che l’uomo è l’animale più feroce sulla nostra terra e che solo il timore della punizione frena gli istinti più cattivi. La Chiesa ed i dieci comandamenti non sono più un vero deterrente e lo Stato, le istituzioni – Lei li ha descritti fin troppo bene – non vogliono e non sono in grado di educare, di prevenire, di combattere e di punire chi non rispetta le regole della civile convivenza. E la Giustizia, i Tribunali ? Ad ogni italiano auguro di non doverli mai affrontare: in questo bel Paese la Giustizia è un optional servito, come si suol dire, a babbo morto. Io sono favorevole alla pena di morte, non perchè quella ipotesi di punizione renda gli uomini migliori, ma perchè nei casi dei delitti più gravi elimina (mi passi il termine) definitivamente il delinquente che non ha diritto di vita in una società civile. So benissimo che sollevo così un vespaio di considerazioni anche filosofiche su ciò che è civile ed incivile ed anzi sono convinto che una buona percentuale di italiani lo pensi, ma non abbia il coraggio di affermare pubblicamente tale opinione. Lei ha dovuto e deve lottare contro la malavita e contemporaneamente contro le istituzioni del nostro Paese ed ha dimostrato un rarissimo coraggio civile, piuttosto che mollare tutto ed emigrare in Canada o in Australia – paesi questi, mi permetta di dirlo, civili.
Ribadisco – Lei merita grande rispetto e sostegno da tutti gli italiani, da tutti noi, che non siamo il prodotto della cultura di mafia, di ‘ndrangheta, di camorra e che non aspettano altro che di farla tacere per sempre. Le stringo forte la mano,
Carlo de Thierry
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