Un ordigno rudimentale a basso potenziale con un ritaglio di giornale e la foto del pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, è stato trovato nel parcheggio del Cedir, l’edificio che ospita gli uffici della Procura della Repubblica. Sono intervenuti gli agenti della squadra mobile e gli artificieri che hanno accertato che l’ordigno non era innescato.
La prima ipotesi è che si tratti di una intimidazione. L’ordigno è quello che viene chiamato “cipolla” e non è considerato a potenziale lesivo. Secondo gli inquirenti l’intento di chi l’ha lasciato non era quello di farlo esplodere. Non ha caso, è stato rilevato, è stato lasciato in una zona dove era facilmente visibile. Sul luogo del ritrovamento dell’ordigno, i tecnici della polizia scientifica hanno fatto i rilievi per cercare elementi che conducano all’identificazione dell’autore dell’intimidazione. L’ordigno, confezionato con polvere pirica in una quantità modica, è stato trovato da un finanziere su un marciapiede del parcheggio che si trova alle spalle dell’ingresso principale dell’edificio che ospita la Procura ed il Tribunale di Reggio.
Il pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, già in passato ha subito pesanti minacce. Il primo marzo scorso una busta con dentro un proiettile di mitra kalashnikov indirizzata al magistrato era stata intercettata nel centro di smistamento della posta di Lamezia Terme. In precedenza Lombardo aveva già ricevuto due buste contenenti proiettili. Il 25 gennaio del 2010 si trattava di una cartuccia caricata a pallettoni ed il 17 maggio successivo, oltre al proiettile, nella missiva c’era un messaggio di minacce. Lombardo è impegnato in numerosi processi contro la ‘ndrangheta e si occupa, in particolare delle cosche della città di Reggio. Proprio venerdì scorso, Lombardo ha chiesto 18 condanne a pene variabili dai 6 ai 28 anni nei confronti di altrettanti presunti affiliati alle cosche di Reggio imputati nel processo con rito abbreviato scaturito dall’operazione Meta. L’inchiesta Meta ha messo in luce i nuovi equilibri tra le cosche della ‘ndrangheta che negli anni ‘80 avevano insanguinato Reggio Calabria dopo l’uccisione del boss Paolo De Stefano con l’accordo tra le cosche Condello-Imerti, da una parte, e De Stefano-Tegano-Libri, dall’altra, per spartirsi i proventi delle attività illecite, in particolare estorsioni, usura e accaparramento di appalti pubblici.
“Sono stato informato di quanto accaduto a Reggio Calabria. Si tratta di un fatto preoccupante che rientra nel clima di intimidazione in atto da tempo a Reggio”. Lo ha detto all’ANSA il Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo. La Procura di Catanzaro è l’ufficio giudiziario competente ad indagare per i reati che vendono coinvolti i magistrati del distretto reggino. “Faremo del nostro meglio – ha aggiunto – per cercare di individuare gli autori di questo ennesimo episodio. Il collega Giuseppe Lombardo già in passato è stato vittima di altre minacce. Quest’ennesimo episodio dimostra che evidentemente fa bene il suo lavoro. Per fortuna questa volta l’episodio è avvenuto all’esterno del Cedir considerato che la struttura, dopo i fatti avvenuti negli anni scorsi, è molto sorvegliata”.
Il Procuratore di Catanzaro ha poi concluso affermando che “certamente questo episodio ci allarma moltissimo e credo che sia nel solco di intimidazioni che già in passato Lombardo ha ricevuto”. “Ancora una volta un segnale del clima intimidatorio che si cerca di creare intorno al lavoro della Procura” ha detto dal canto suo il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. “Per quanto ci riguarda – ha proseguito – procediamo nel nostro lavoro sulla linea tracciata. I processi vanno avanti, i giudici stanno prendendo le loro decisioni”.
tratto da Il Giornale di Calabria