A Reggio e in Calabria la \’ndrangheta è padrona di tutto: politica compresa. Ha fatto bene il Governo a scegliere la linea dura anche se non basta sciogliere il Comune se poi non si attacca il cuore economico e militare della \’ndrangheta. Attenzione, potrebbe essere una vittoria parziale.
Diciamolo con chiarezza: in Calabria comandano loro, i mafiosi. Dettano alla politica l\’agenda delle cose da fare. Decidono chi deve vivere e chi morire. Io per aver denunciato sono in esilio. Non posso ritornare nella mia terra a lavorare, a vedere i miei familiari.
Ma che democrazia è la nostra, se non è in grado di difendere il diritto alla sicurezza per chi denuncia e fa il proprio lavoro onestamente?
Spero che i miei concittadini calabresi, soprattutto i giovani, scelgano la via del coraggio e della denuncia. Basta con la rassegnazione, questo è il momento della ribellione contro il potere criminale e mafioso. Dobbiamo essere intransigenti. Se vogliamo vivere da uomini liberi, dobbiamo avere il coraggio di comportarci da uomini liberi. Senza paure. Fino alla fine. Calabria, We care.
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Fonte: Il Quotidiano della Calabria – Reggio, l\’attesa è finita: il Consiglio dei ministri scioglie il Comune per infiltrazioni mafiose. La decisione arriva al termine della seduta del governo. A casa sindaco, giunta e consiglio comunale: scatta il commissariamento per un periodo di almeno 18 mesi. Dietro la scelta, la vicenda della Multiservizi e almeno altre tre indagini che hanno riguardato esponenti dell\’amministrazione cittadina
REGGIO CALABRIA – L’attesa decisione del Consiglio dei ministri sul futuro del consiglio comunale della città dello Stretto è arrivata. Scioglimento per presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nell’attività amministrativa. Un macigno sulla politica reggina e sulla città che incassa una decisione che in più occasioni il ministro dell\’Interno Anna Maria Cancellieri ha definito «sofferta».
Lo scioglimento del civico consesso – con conseguente commissariamento per un periodo di almeno 18 mesi prorogabili a 24 – del Comune trae la sua origine soprattutto dalla vicenda della Multiservizi, la società partecipata del comune finita al centro di una serie di inchieste della Dda in quanto ritenuta fortemente infiltrata dalla cosca Tegano e successivamente sciolta dalla giunta Arena. Ma non solo: solo almeno tre le vicende personali direttamente collegate all’attività di esponenti di primo piano del consiglio comunale o della giunta eletti appena lo scorso anno. In particolare, emergono la posizione del consigliere Giuseppe Plutino, le intercettazioni riguardanti l’assessore Pasquale Morisani e la presenza al funerale del boss Domenico Serraino del presidente del consiglio comunale Sebi Vecchio.
Giuseppe Plutino fu arrestato lo scorso 21 dicembre con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiose nell’ambito dell’operazione condotta dalla squadra mobile di Reggio, in quanto ritenuto «concorrente esterno della cosca Caridi» avendo fornito «un concreto, specifico, consapevole e volontario – recita il capo di accusa – contributo alla stessa come referente politico del sodalizio, destinatario delle preferenze elettorali ricevute sia dagli affiliati, sia da parte di terzi ma raccolti in suo favore dagli esponenti della cosca con particolare riferimento a quelle per l’elezione del consiglio comunale di Reggio Calabria del maggio 2011».
La figura dell’assessore Pasquale Morisani appare, invece, probabilmente correlata allo scioglimento in relazione ai contatti che dell’esponente politico sorpreso con il boss Santo Crucitti. Morisani risulta essere stato intercettato presso l’impresa del boss dove si è recato nel corso della campagna elettorale.
Infine, per quanto concerne il presidente del consiglio comunale Sebi Vecchio “l’imbarazzo” nasce dalla presenza nelle carte del processo contro i Serraino di una relazione di servizio relativa ai funerali del boss Domenico Serraino. Secondo quanto si apprende nella informativa, alle esequie di don “Mico era presente l’allora assessore comunale di Reggio Calabria Vecchio, agente in aspettativa della Polizia di Stato e, appunto, attuale presidente del Consiglio comunale della Città dello Stretto. Il funerale balzò agli onori della cronaca perché nonostante il divieto di funerali pubblici ordinati dall’allora questore Carmelo Casabona davanti alla chiesa si presentarono a migliaia. Domenico Serraino, di 65 anni era ai domiciliari da quando in carcere gli era stata diagnosticata una malattia incurabile. In precedenza era stato condannato a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa ed omicidio reati risalenti tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90.