Dalla Calabria alla Sicilia, legami criminali, avvocati di boss che radiati da una parte vengono accolti dall\’altra, questo emerge leggendo il Quotidiano della Calabria di sabato scorso.
Cosa nostra e \’ndrangheta alleate: ponte sullo Stretto, copertura delle fughe decennali di super-latitanti e traffici di droga e persone; infine la vicenda di Domenico Salvo – avvocato e “curatore” degli affari di Giuseppe e Filippo Graviano – fa riflettere sui legami, ammorbati dalla criminalità, delle due splendide regioni.
Chi sono Giuseppe e Filippo Graviano?
\”feroci boss del quartiere palermitano di Brancaccio finiti in carcere con l\’accusa, tra le altre, di essere gli assassini di don Pino Puglisi e tra gli organizzatori dell\’attentato a Paolo Borsellino\”
«L’avvocato dei boss? Si è riabilitato»
A Palermo fu radiato per mafia, a Locri lo hanno accolto
di PINO LOMBARDO
LOCRI – L\’avvocato Domenico Salvo, radiato dall\’Ordine di Palermo perchè condannato per mafia, è un iscritto del Foro di Locri. A confermarlo, ieri mattina, il presidente dell\’Ordine di Locri, avvocato Nino Maio. «E\’ un nostro iscritto, si è iscritto regolarmente » afferma quasi sorpreso dell\’attenzione con cui il singolare caso è stato trattato. E quindi Domenico Salvo, radiato dopo la condanna dall\’Ordine del capoluogo siciliano, ha trovato “ospitalità” nel Foro di un\’altra regione che, tra l\’altro, ha già versato un grosso contributo di sangue dei propri iscritti alla violenza della mafia. Il presidente Maio ieri mattina, insieme al segretario dell\’Ordine, avvocato Gerolamo Greco, nella sede presso il Tribunale cittadino ha spiegato con grande semplicità perché sia stata accettata la clamorosa iscrizione, che sarebbe avvenuta a gennaio di quest\’anno. «Lo abbiamo iscritto – afferma Maio – , sulla base dell\’articolo 47 comma secondo dell\’Ordinamento della professione di avvocato e di procuratore che recita che il professionista radiato dall\’Albo può essere reiscritto se, trascorsi cinque anni dal provvedimento di radiazione sia intervenuta la riabilitazione. Nel caso dell\’avvocato Salvo -continua il presidente del Foro di Locri – tutto questo è avvenuto regolarmente». L\’avvocato Memì Salvo nel 1999 venne arrestato insieme alla sorella di Giuseppe e Filippo Graviano, feroci boss del quartiere palermitano di Brancaccio finiti in carcere con l\’accusa, tra le altre, di essere gli assassini di don Pino Puglisi e tra gli organizzatori dell\’attentato a Paolo Borsellino. L\’accusa mossa a Salvo dalla Dda palermitana di essere il “curatore” degli affari dei due boss e di aver effettuato il trasferimenti di cospicui capitali del clan in Francia ed in Lussemburgo, gli valse la condanna a quattro anni di carcere. Condanna divenuta esecutiva dopo che essere stata confermata dai successivi gradi di giudizio. Scontata la pena Salvo decide di riprendere l\’antica attività forense. Ma non lo fa scegliendo un Foro in Sicilia. Si trasferisce invece in Calabria dove molto verosimilmente ha dei contatti e sceglie il Foro di Locri come sede dove ricominciare la professione. «Naturalmente -spiega il presidente Maio – per poterlo fare doveva prima ottenere la riabilitazione». Cosa che Salvo ottiene il 14 novembre del 2006. «La riabilitazione l\’ha ottenuta -aggiunge Maio dando un\’occhiata al fascicolo che ha davanti – dal magistrato di Sorveglianza e con parere favorevole della procura generale di Palermo, dopo che la questura di quella città ha prodotto una relazione in cui veniva evidenziato che Salvo, scontata la pena, ha dato prova di buona condotta». Il presidente Maio quasi stimolato dalla perplessità con cui è stata accolta la vicenda dà ulteriori spiegazioni. «L\’avvocato Salvo ha prodotto la domanda completa della documentazione di rito, cioé laurea più certificato dei carichi pendenti e riabilitazione. Il consiglio l\’ha valutata ed accolta. E non vedo perché non avremmo dovuto farlo. Del resto dal certificato penale, rilasciato a richiesta privata, – precisa Maio – , e consegnatoci non risulta alcun carico pendente. Del resto se così non fosse stato non avrebbe potuto ottenere la riabilitazione». Nel ribadire che adesso «l\’avvocato Salvo è un iscritto del Foro di Locri a tutti gli effetti», il presidente Maio aggiunge anche che «il domicilio professionale indicato da Salvo è a Marina di Gioiosa Jonica presso lo studio dell\’avvocato Sandro Furfaro col quale collabora che già conosceva».
Mafia e ’ndrine alleate per il ponte
Lo scenario nascosto dietro la presenza di latitanti in Calabria
di GIOVANNI VERDUCI
REGGIO CALABRIA – Una “santa” alleanza all\’ombra del progetto tridimensionale del Ponte sullo Stretto. Cosa nostra e \’ndrangheta sono sempre più “sorelle di mafia”. Il progetto di costruzione di un asse viario sospeso sulle acque fra Scilla e Cariddi, per collegare il continente con la Sicilia e ritornato prepotentemente in auge con il nuovo governo Berlusconi, ha rinsaldato antichi legami, aperto nuove strategie criminali. Che mafia e \’ndrangheta lavorassero a stretto contatto lo si sapeva già da decenni. L\’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, voluto dai boss siciliani ed eseguito da quelli reggini, aveva messo il suggello ad ipotesi investigative che, oggi, si perdono nei polverosi archivi delle forze dell\’ordine. Il traffico di “bionde” dalle sponde sicule a quelle calabresi, intensificatosi negli anni ottanta, ha garantito il confronto ed il contatto fra alcune potenti cosche reggine e quelle catanesi in particolare. Lo spaccio di sostanze stupefacenti, poi, ha trovato un asse importante fra Calabria e Sicilia. Oggi, poi, dentro le nuove strategie criminali di queste due “sorelle di mafia”potrebbe rientrarci anche uno scambio di favori finalizzato alla cura di decennali fughe dalle maglie della giustizia. I latitanti sono sempre in cerca di posti tranquilli per sfuggire ai “segugi” delle forzedell\’ordine. Le famiglie calabresi e quelle siciliane, anche in questo, hanno raggiunto un accordo. Gli uomini delle forze dell\’ordine, i poliziotti della Squadra mobile ed i carabinieri del Reparto operativo reggino, ne sono convinti. La fuga di Antonio Lo Nigro da un lido di Siderno lo scorso 23 agosto, d\’altronde, non fa che accreditare questa ipotesi. Il 29enne siciliano era ricercato perché colpito dall\’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del capoluogo siciliano il 19 febbraio scorso, su richiesta della locale Dda nell\’ambito dell\’operazione \”Addio pizzo\”, scaturita a seguito dell\’arresto dei noti latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo, poichè ritenuto responsabile di associazione per delinquere di tipomafioso ed estorsione. Quel giorno il latitante riuscì a sfuggire alla cattura grazie alla collaborazione del titolare di un noto lido che, alla vista dei carabinieri, lo imbarcò su di uno scooter, consentendogli di sparire nel nulla nonostante un incidente per le vie di Siderno. Qualche settimana prima, sempre nella Locride, gli uomini delle forze dell\’ordine avevano pizzicato un piccolo ricercato campano. Un altro tassello di un\’ipotesi investigativa che sta prendendo sempre più piede in riva allo Stretto. Tutto quello che girava attorno al Ponte sullo Stretto, ancora nella fase progettuale, è stato dal primo momento posto sotto stretta osservazione, la Questura reggina ha creato un gruppo di lavoro che si dedica esclusivamente al monitoraggio delle attività che ruotano attorno alla mega infrastruttura. Quel denaro fa gola alle cosche. Sono fiumi di investimenti senza fine. Miliardi di euro pronti per essere accaparrati. Le cosche hanno stretto un accordo, si sono parlate, hanno studiato una nuova strategia criminale e, oggi, si scambiano anche favori