La settimana scorsa abbiamo pubblicato la prima parte dello sfogo di Pino Masciari, un nostro concittadino che sostiene di essere costretto da 10 anni alla fuga per aver denunciato la ‘ndrangheta ed i poteri forti calabresi. Ricordiamo che finché ha vissuto in Calabria, Masciari aveva imprese di costruzione che fatturavano miliardi, centinaia di dipendenti, la moglie dentista con uno studio ben avviato di odontoiatra, e due bambini piccolissimi. Adesso Pino Masciari, ha sempre una moglie, ma non esercita più e i suoi due bimbi stanno crescendo lontano dalla terra dove sono nati. Tutto il resto lo ha perso. Vive insieme alla sua famiglia in un luogo definito “protetto” perché, un giorno, stanco di subire le pressioni della ‘ndrangheta – ma non solo della ‘ndrangheta- che continuava a chiedergli la tangente, ha deciso di porre fine a quelle che eufemisticamente chiameremo “angherie”.
Ha denunciato tutti Pino Masciari: la ‘ndrangheta vera e propria, ma anche lo Stato – ‘ndrangheta, quelle che portano addosso le toghe di magistrati e giudici. Da oltre 10 anni, e solo per aver fatto quello che dovrebbe fare un qualunque cittadino onesto di un paese civile, Masciari vive da esiliato.
Sono passati 10 anni da allora e la gente ha cominciato a non ricordarsi più della sua vicenda.
Anche lo Stato si è spesso dimenticato di lui. Gli unici ad essergli rimasti accanto, a fargli un po’ di protezione, sono ragazzi poco più che ventenni: ‘Io sono molto seguito da diverse associazioni, da Libera , – dice Masciari – dai ragazzi di Locri Ammazzateci tutti, ai ragazzi di Beppe Grillo che hanno fatto anche le magliette e vanno in giro con la scritta Io sono amico di Pino Masciari‘. Negli ultimi tempi, forse proprio grazie ai tanti comitati che nascono a protezione della gente onesta come lui, ha notato un’attenzione maggiore verso la situazione dei testimoni di giustizia, e ha deciso che è arrivato il momento di uscire allo scoperto:
‘Non sono io che devo nascondermi’ continua a dire, quasi nella speranza che basti proferirlo
ad alta voce perché la situazione cambi. Però ha ragione Pino Masciari: in un Paese che voglia definirsi civile, le persone che denunciano gli atti mafiosi a cui sono sottoposti, non devono più essere costrette alla fuga. Perché non sono loro ad aver sbagliato.
Pino Masciari è stanco ma è anche consapevole che la sua storia può servire ad aiutare altri che oggi si trovano nella sua stessa condizione a non sottostare agli abusi.
Masciari spera che la sua storia possa contribuire a far cambiare le leggi. È stanco ma ha speranza che prima o poi sarà il bene a trionfare.
Il suo unico desiderio è poter far ritorno a casa, lui che una casa non ce l’ha più da oltre 10 anni. Lui che è ancora costretto a vedere i suoi appartamenti ‘occupati dai mafiosi’. Adesso chiede di poter riprendere in mano la sua vita e la sua attività. Chiede di poter godere della sua famiglia d’origine che è stato costretto a lasciare. Rivuole solo la sua normalità.
E lo Stato per cui ha lavorato tanto dovrebbe potergli garantire questi elementari diritti. Ripercorre ancora una volta quello che è stato il suo dramma, il punto di partenza della sua attuale condizione: ‘Rifiutandomi di pagare non mi mettevano gli stati di avanzamento sui cantieri, non mi facevano le contabilità e non mi pagavano. Mi hanno bloccato le banche fino a farmi esaurire la mia liquidità. Puntavano a piegarmi con l’obiettivo di riuscire a gestire –loro!- la mia azienda e a farmi diventare un loro dipendente e fossi costretto rivolgermi all’usura. Io non l’ho accettato e ho tenuto duro. L’unica cosa era quella di farmi fallire, e mi hanno dichiarato fallito per 184 milioni malgrado le mie società, ancora oggi, in beni immobili valgano miliardi’.
Signor Masciari, quanto tempo ha avuto per prepararsi a lasciare tutto?
‘Quando mi hanno raggiunto due persone del servizio centrale di protezione per dirmi che dovevo partire ero a Lamezia Terme. A me, lì per lì, è sembrato uno scherzo.
Certo, non immaginavo che dopo la mia denuncia sarei stato inserito in un programma di protezione. Non pensavo neanche esistesse un programma del genere’.
É cambiato qualcosa da quando lei ha deciso di uscire allo scoperto attraverso la rete internet?
‘Posso solo dire che da quando sono uscito allo scoperto ho ricevuto molti attestati di stima e adesso, anche chi vagamente sospettava che io potessi vivere una situazione particolare, conosce la mia situazione, e sono guardato con ammirazione’.
Concretamente siete stati aiutati, sorretti dalle istituzioni?
‘In realtà no. C’è stato l’abbandono più totale. Lo Stato non ha visto le nostre problematiche, ci ha dimenticato e ci ha ricattati sulla sicurezza. Io sono stato lasciato solo anche alla vigilia dei processi, per diversi giorni senza scorta e senza tutele, a Isola Capo Rizzuto, a Lamezia Terme, proprio dopo essere stato escusso per aver confermato le mie dichiarazioni presso la Dda di Catanzaro’.
Le modifiche apportate alla legge ‘45 del 2001 sono state di qualche utilità ai testimoni di giustizia?
‘La legge ‘45 del 2001 è nata con uno spirito di migliorare la vita dell’imprenditore o della persona che denuncia il reato dell’estorsione o altri illeciti, e bisognava avere il tenore di vita che faceva prima dell’entrata in vigore del programma di protezione, cosa che in realtà non è avvenuto. Il sottosegretario Massimo Brutti ha cercato di anticipare lo spirito della legge 45 del 2001, però nell’Aprile del 2003 il sottosegretario Alfredo Mantovano ha ucciso quello che era lo spirito iniziale voluto sia da destra che da sinistra e i miglioramenti non ci sono stati. Anzi: è stato il fallimento totale della L.45 del 2001 tanto voluta da entrambi gli schieramenti’.
Nella località protetta vi è riservata una copertura assoluta?
‘Anche nella località protetta c’è l’abbandono più assoluto da parte delle persone che hanno il compito di tutelarci. Noi, per loro, siamo un problema per tutto. Tanto per dirne una: nella “località protetta” i miei figli vanno a scuola con il loro nome e il cognome’
Ci sta dicendo che non vi hanno dotato di una nuova identità?
‘No, non abbiamo niente. Quello che si dice su questo tipo di programma sono storie romanzate: la realtà è ben diversa. Forse è perché quando siamo stati inseriti in questo programma di protezione, 10 anni fa, ancora non vi erano leggi, che ci siamo trovati spiazzati’.
Anche lei ha mantenuto il suo nome?
‘Quando viaggio con la scorta e devo pernottare in qualche albergo io continuo a registrarmi col mio nome e cognome. Dai documenti in mio possesso risulta addirittura la località da dove provengo: non è difficile rintracciarmi’.
Questa rivelazione ci lascia perplessi, ma non ci sconvolge più di tanto dal momento che neanche noi abbiamo faticato tantissimo per trovarlo. La domanda che segue è la sola che ci è venuta alla mente: E allora che razza di protezione è?
Lui si avvede del nostro sconcerto e ribatte serenamente che dal momento che ha accettato di fare una chiacchierata con noi, qualunque parola uscirà dalla sua bocca è pronto a r i c o n f e r m a r l a a l l ’ i s t a n t e .
Quindi, riprende a parlarci della località in cui è stato confinato insieme alla sua famiglia: ‘La chiamano località protetta, ma io la definisco Auswisch , perché per me è stata come una deportazione. Io mi sento deportato e segnato solo perché ho denunciato persone malavitose. Mi sono visto dalla sera alla mattina catapultato in un spazio che non mi apparteneva né allora, ne oggi. In questi ultimi 10 anni ho vissuto segregato 23 ore al giorno, tutti i giorni: non conosco pizzerie, non conosco pub, non conosco niente. La mattina esco da solo perché se qualcuno ha deciso di farmi fuori, è solo a me che devono sparare’.
Malgrado si senta l’emblema del malfunzionamento di questo Stato, Masciari si dice sicuro che la situazione possa migliorare:
‘Ultimamente noto una sensibilità maggiore nei confronti della problematica e per questo ringrazio il comandante provinciale di Vibo Valentia per l’efficienza dei suoi uomini e per il servizio eccellente che mi è stato predisposto in occasione del mio ultimo soggiorno calabrese’.
Masciari ci ricorda che, in seguito alle sue denunce, il 23 maggio scorso in Cassazione è stato condannato a due anni di reclusione in maniera definitiva, e interdetto in maniera perpetua ai pubblici uffici, un nostro magistrato, un consigliere di Stato nominato dal precedente Governo
Berlusconi; e ci ricorda anche la richiesta di condanna contro altri 15 componenti mafiosi della richiesta dalla dda di Catanzaro contro esponenti della criminalità organizzata del crotonese, Isola Capo Rizzuto.
Nel numero scorso abbiamo iniziato l’intervista chiedendole di raccontarci chi era Pino Masciari 10
anni fa. La concludiamo chiedendole: chi è Pino Masciari, oggi?
‘Io non voglio essere presuntuoso, ma sono stato giudicato attendibile da diversi tribunali. E in
tutte le varie fasi viene sottolineata la mia elevata attendibilità. Ho messo on line la mia storia perché vorrei che la gente leggesse quello che gli atti dicono di me. E quello che dicono è che Pino Masciari è una persona che non aveva niente a che fare con questi ambienti.
L’unico suo torto era quello di fare l’imprenditore in una terra difficile. Di essere stato un cocciuto ossequioso delle leggi della nostra costituzione e aver denunciato e fatto quello che dovrebbero fare tutti i cittadini onesti’.
Noi pensiamo che contrastare la mafia sia possibile, ma è necessario che lo Stato tuteli realmente chi decide di sporgere denuncia. Ma tutelare non dovrà più significare “sequestrare” chi fa il proprio dovere. Tutelare non dovrà più significare privare un onesto cittadino di ogni diritto perfino il più elementare. Chi denuncia non dovrà più essere equiparato ad un criminale: perché un testimone di giustizia non è un pentito di mafia.
Un testimone di giustizia la mafia la combatte.
Queste persone rischiano quando vengono dimenticate. Forse anche noi, mantenendo desto il ricordo delle loro vicende, possiamo contribuire a salvarle.
mls