Di Dario Motta III C Liceo classico di Gioia del Colle
L\’incuria delle autorità e le mancate precauzioni hanno inflitto ancora una volta in Italia un duro colpo al nostro patrimonio artistico. Dopo il crollo della domus dei gladiatori a Pompei, oggi assistiamo impotenti al disastro avvenuto nel sito archeologico di Sibari . Le piogge hanno innalzato il livello del fiume Crati, che ha rotto l’argine all’altezza del Parco del Cavallo, dove negli anni Sessanta del Novecento era venuta alla luce una parte consistente dell’ultima città costruita a Sibari, la romana Copia, edificata sui resti della ellenica Turi e sulla stessa Sibari, distrutta da Crotone nel 510 a.C. Il fiume è riuscito a devastare tre città in un colpo solo, là dove non erano riusciti il tempo e gli eserciti. Le pompe idrovore dei vigili del fuoco hanno fatto molto, ma servono ancora altri mezzi. I mosaici sono stati del tutto sommersi, l\’acqua ha invaso ogni spazio, al posto di reperti testimoni di secoli di storia, restano soltanto pochi mozziconi di colonne e qualche muro. Cinque ettari di scavi devastati in una notte, inghiottiti da un\’onda che ha calcolato danni incalcolabili, forse anche irrimediabili. Già in passato, nel settembre del 2009 l’esondazione del canale Stombi ha provocato l’allagamento del Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, ed oggi l’esondazione del fiume Crati, ha sommerso di acqua, fango e detriti il parco archeologico di Sibari. Il vero problema è certamente il fango che avvolge i resti delle tre città e dovrà essere rimosso in modo tempestivo perché se ne eviti la solidificazione. A Parco del Cavallo, dove Umberto Zanotti Bianco affrontò nel 1932 una rapida campagna di scavi, si osserva lo stesso paesaggio di allora; ma al posto della palude, si è formato un lago che ha raccolto acqua, fango, pietre e ha reso inutili i miliardi di lire investiti dalla Cassa per il Mezzogiorno per le ripetute campagne di scavi che avevano interessato il Parco del Cavallo e portato all’attenzione mondiale il nome di Sibari. Il fiume si è ingrossato per due giorni di pioggia imponente, ma va sottolineato anche che i nuovi agrumeti hanno formato una barriera che non consente il deflusso delle acque e che la scorsa estate nessuno ha fatto manutenzione sulle sponde. Quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’intera Calabria, con il suo straordinario patrimonio è nuovamente mortificato. I quattro milioni di euro stanziati dalla regione Calabria per la messa in sicurezza del sito archeologico sembrano essersi persi nel nulla. È innegabile la solitudine in cui è stato lasciato il comune di Sibari, è questo che lamenta il sindaco della località calabra. In molti si stanno proponendo in soccorso dell\’area colpita , sono volontari, universitari, gruppi e associazioni. È bello quello che sta accadendo, ma non basta, serve un intervento preciso, mezzi e specialisti.
Il nostro Belpaese è pieno di monumenti e opere d\’arte. Il nostro patrimonio è sconfinato, l\’Italia ha il pregio di custodire i luoghi che hanno visto grandi uomini e gente comune scrivere la storia della civiltà occidentale. L\’incuria da parte delle istituzioni politiche e, spesso purtroppo, anche dei cittadini mina gravemente la conservazione di luoghi importanti che vanno preservati con cura per essere tramandati ai posteri.
29-01-2013
Calabria, Sibari: disastro e vergogna per il Sito archeologico allagato
Il parco archeologico di Sibari sott’acqua: le piogge dei giorni scorsi hanno innalzato il livello del fiume Crati, che ha rotto l’argine all’altezza del Parco del Cavallo, dove negli anni Sessanta dello scorso secolo era stata posta in luce una parte consistente dell’ultima città costruita a Sibari, la romana Copia. Da quegli scavi della città romana, attraverso piccoli saggi in profondità, si ebbe la dimostrazione che Copia, abitata fino all’Alto Medio Evo, era stata innalzata sui resti della panellenica Turi e sulla stessa Sibari, distrutta da Crotone nel 510 a.C.
Oggi a Parco del Cavallo, dove Umberto Zanotti Bianco affrontò nel lontano 1932 una prima, rapida campagna di scavi, si osserva lo stesso paesaggio di allora; ma al posto della palude, si è formato un lago che ha raccolto acqua, fango, pietre e ha reso inutili i miliardi di lire investiti dalla Cassa per il Mezzogiorno per le ripetute campagne di scavi che avevano interessato il Parco del Cavallo e portato all’attenzione mondiale il nome di Sibari.Quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’intera Calabria, con il suo straordinario patrimonio è nuovamente mortificato. Già in passato il tracciato dell’attuale strada s. 106 ha letteralmente diviso in due l’area archeologica; nel settembre del 2009 l’esondazione del canale Stombi ha provocato l’allagamento del Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide, ed oggi l’esondazione del fiume Crati, ha sommerso di acqua, fango e detriti il parco archeologico di Sibari.Il vero problema è certamente il fango che avvolge i resti delle tre città e dovrà essere rimosso in modo tempestivo perché se ne eviti la solidificazione: a tal proposito, la nostra sezione offre la disponibilità dei propri soci nei lavori di ripulitura.Il vero problema è certamente il fango che avvolge i resti delle tre città e dovrà essere rimosso in modo tempestivo perché se ne eviti la solidificazione: a tal proposito, la nostra sezione offre la disponibilità dei propri soci nei lavori di ripulitura.Il vero problema è certamente il fango che avvolge i resti delle tre città e dovrà essere rimosso in modo tempestivo perché se ne eviti la solidificazione: a tal proposito, la nostra sezione offre la disponibilità dei propri soci nei lavori di ripulitura.