Nuovi particolari nella vicenda del ritrovamento delle armi della ‘Ndrangheta nel garage di via Mazzini a Termoli. Il boss pentito del clan dei crotonesi Felice Ferrazzo, in cella dal 22 luglio scorso, proprio in seguito al rinvenimento dell’arsenale in città, trasferito di recente in un carcere di massima sicurezza veneto, per il tramite dei suoi legali, Bruno Napoli e Vincenzo Notarangelo, ha chiesto ancora una volta al tribunale del Riesame di Campobasso di essere scarcerato o in subordine di andare agli arresti domiciliari.
Il sequestro di armi a Termoli rappresenta uno dei più grossi del centro sud avvenuto di recente: 14 fucili, altri a pompa, mitra, di cui alcuni kalashnikov; 10 pistole, silenziatori, passamontagna, lacrimogeni di segnalazione degli elicotteri, munizionamento per armi particolari, giubbotti antiproiettile, cesoie, ramponi per aprire furgoni. In più, tanto per non farsi mancare nulla, qualche grammo di cocaina. Materiale vario e per gli investigatori di qualità. Le indagini non escludono che l’arsenale potesse servire per eventuali grosse operazioni malavitose di una famiglia di ‘ndrangheta di Mesoraca (Crotone), specializzata nel traffico di armi, soprattutto dalla Svizzera, droga e riciclaggio di denaro sporco.
I legali di Ferrazzo, in carcere insieme al figlio, anche se quest’ultimo è detenuto a Teramo, insistono nell’affermare l’assoluta estraneità ai fatti del loro assistito, poiché lontano da Termoli dal febbraio scorso, inviato in una località protetta. Ma il supertestimone che lo avrebbe visto sulla costa adriatica molisana pochi giorni prima del ritrovamento delle armi non ha lasciato dubbi agli inquirenti. Ferrazzo prese in affitto quel garage sotto falso nome cinque anni fa, appena arrivato a Termoli nell’ambito di un programma di protezione, mentre stava aiutando le forze dell’ordine e la magistratura a indagare sull’attività della ‘Ndrangheta in terra di Calabria.
Un decennio di collaborazione che potrebbe andare dunque in fumo proprio per la gestione dell\’arsenale termolese, nelle piene disponibilità anche del figlio Eugenio, arrestato mesi prima, insieme alla moglie, dopo la scoperta di una raffineria di droga strategicamente e logisticamente importante a San Salvo.
Il Riesame: Ferrazzo deve restare dentro
TERMOLI. Nuovi elementi indiziari proposti dal sostituto procuratore della Repubblica di Campobasso Rossana Venditti al tribunale del Riesame, forse frutto anche della supertestimonianza acquisita a Termoli e gli intrecci affaristici e malavitosi del figlio Eugenio hanno impedito al pentito di \’Ndrangheta calabrese Felice Ferrazzo, in carcere dal 22 luglio scorso, di avere un affievolimento della misura cautelare e ottenere l\’agognata scarcerazione. A nulla sono valse le richieste dei legali Bruno Napoli e Vincenzo Notarangelo, pronti a rassicurare sull\’effettivo cambiamento del loro assistito negli ultimi dieci anni.
Per gli inquirenti, sull\’arsenale rinvenuto a Termoli nel garage di via Mazzini n. 7 c\’è la mano della famiglia Ferrazzo e le armi, quantitativo tra i più ingenti sequestrato nel centrosud, era nelle loro disponibilità. Per questo il Riesame non ha avuto dubbi nel rigettare la richiesta degli avvocati dell\’affiliato al clan Mesoraca di Crotone.
tratto da TermoliOnline