Ogni iniziativa a sostegno di chi affronta e si oppone a viso aperto all’arroganza e alla violenza della ‘ndrangheta è ovviamente un segnale positivo. Ma mi chiedo dove sia il vero problema e perché troppo spesso l’iniziativa di introdurre modalità di risoluzione di gravi criticità debba venire dalle vittime e non da chi siede nei luoghi preposti alla gestione istituzionale della lotta alla mafia. Cos’è più difficile: individuare, adottare e realizzare forme di premialità, di sostegno, o invece, a causa di un sistema che si è rivelato completamente inadeguato, restituire la vita e il lavoro a chi denuncia? La ‘ndrangheta esercita il proprio potere colpendo tutti… addirittura ha imposto un cartello per il prezzo del pane. Non è un problema solo dell’imprenditoria.
Il piccolo commerciante che denuncia l’estorsione spesso riferisce di perdere la clientela, anche per una forma di condizionamento ambientale che schiaccia ogni tentativo di ripartenza. Non ci sono soluzioni facili, soprattutto quando a mancare è uno Stato forte a fianco dei suoi cittadini, che non sia perennemente sotto scacco della criminalità organizzata.
Ai testimoni di giustizia andrebbe garantita la sicurezza senza l’isolamento, senza l’esilio e assicurata la ripresa lavorativa, per riallacciare la propria vita là dove si era interrotta a causa delle violenze subite.
Finora però ci sono state solo parole. La condizione dei testimoni di giustizia è ancora inaccettabile: soli, isolati, in alcuni casi come il mio anche esiliati, e senza prospettive di futuro.
Ognuno ha le sue responsabilità. In particolare chiedo: cosa ha fatto la Regione Calabria a sostegno dei testimoni di giustizia calabresi? C’è sempre tempo per fare… ma la speranza, dopo una vita trascorsa come la mia, comincia irrimediabilmente ad affievolirsi.
https://www.approdocalabria.it/giornale/masciari-testimoni-di-giustizia-ce-speranza/