Un’occasione per ritrovarsi, confrontarsi e mettere in rete le professionalità editoriali, giornalistiche, giuridiche, storiche nel campo dell’antimafia, quella concreta, quelle delle parole ma anche quella dei fatti. Trame, il primo festival dei libri sulle mafie chiude battenti a Lamezia dopo cinque giorni di dibattiti su vari fronti, nel nome di Peppino Impastato ricordato dal fratello Giovanni. Una manifestazione diretta dal giornalista Lirio Abbate e fortemente voluta dall’amministrazione retta dal sindaco Gianni Speranza che ha parlato della città lametina come della capitale della Legalità.
Del festival, di cui partner sono l’Ala – associazione antiracket Lamezia – il centro per il Libro e la Lettura, l’AIE – associazione Italiane Editori – Radio 24, l’Ordine nazionale dei Giornalisti, è stato anche anima l’assessore alla Cultura Tano Grasso, nel segno di quella rivoluzione culturale già avviata attraverso le denuncie degli imprenditori sul fronte dell’antiracket della cui federazione nazionale lui è presidente onorario. 120 ospiti, anche internazionali, provenienti da tutta Italia, non solo dalla Campania, dalla Calabria e dalla Sicilia. In particolare palazzo Nicotera ha ospitato sabato l’incontro moderato da Enzo Iacopino, originario di Reggio Calabria e oggi presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, sul tema dell’editoria di impegno civile, di cui oggi è energica declinazione l’editoria in tema di antimafia, dunque inchieste giudiziarie, giornalistiche, saggi.
A confrontarsi il vicesindaco lametino Francesco Cicione e gli editori Lorenzo Fazio (Chiarelettere), Florindo Rubbettino (Rubbettino Editore), Franco Arcidiaco (Città del Sole Edizioni), Ottaviano Navarra (Navarra Editore) e Crispino Di Girolamo (Di Girolamo editore).
Senza dimenticare come illegalità sia anche sfruttare il lavoro dei giovani nelle redazioni e senza ignorare che fare politica, nel senso più ampio del termine, dunque non nei partiti e nella gestione diretta della cosa pubblica, ma con i libri sia una responsabilità che solo gli editori puri, dunque liberi, possono assumersi, il dibattito ha offerto notevoli spunti di riflessione sul tema specifico dell’impegno antimafia di chi pubblica oltre che di chi scrive.
Una florida letteratura, tante le penne argute e coraggiose che taluni editori, non caso definiti militanti, intendono valorizzare. Una sorta di responsabilità sociale che va ben oltre lo scrivere o il pubblicare la verità e che approda all’unica libertà autentica di scrivere, raccontare e pubblicare tutte le verità, non solo alcune, di cui si abbiano riscontri. Ciò è atto di responsabilità degli editori, dei giornalisti, degli scrittori, non un atto di eroismo.
In tema di mafie, tanti sono ormai gli spunti di questo cancro che si è impadronito delle Istituzioni e della Politica e che ad oggi si attaglia un posto di primo piano anche nel panorama librario. Si tratta di un riscatto che, proprio perché possibile solo attraverso una rivoluzione culturale per ripulisca dal basso la politica, che tagli i rami parassiti, non può prescindere dalla forza dell’inchiostro.
E’ evidente, il successo di ‘Trame’ lo dimostra, che oggi esiste una desiderio di sapere, di capire e di conoscere fenomeni che per troppi anni hanno fatto da padroni, pregiudicando presente e futuro. Questo momento di evidenza è necessario anche se amara è la consapevolezza che proprio i lunghi decenni di silenzio, anche dell’editoria come dell’informazione, tranne qualche fulgida penna subito spezzata nel sangue, abbiano favorito il proliferare di un male. Un male che di quel silenzio si è nutrito per diventare il colosso che oggi è. Ebbene questa è una verità, ma un’altra verità, nonostante la consapevolezza della grandezza di chi si ha di fronte, è che vi è anche una grande voglia di smarcarsi.
Il riscatto passa anche attraverso la scelta di un libro, attraverso il desiderio di andare a testimoniare con la propria presenza e la propria attenzione che esistono persone, cittadini prima di tutto, che nel loro lavoro quotidiano hanno preso una posizione e sono dalla parte dello Stato. Gli scrittori, studiosi, docenti, giornalisti e magistrati che trasfondono nelle pagine il loro sapere e la loro esperienza sul campo, e gli editori si mettono al servizio di queste storie per raccontarle, veicolarle, diffonderle.
Un altro modo per svelare quelle stesse trame che nel tessersi, troppo spesso hanno ingoiato vite umane, fagocitandole impietosamente. Oggi è il tempo della memoria per non dimenticare e dell’impegno per cambiare rotta, denunciare, ricostruire, per guidare nelle pieghe più nascoste e buie della storia di ogni giorno per aiutare a capire dove e quale sia la verità; anche i libri, che disseminano idee di cui le generazioni future raccoglieranno i frutti, rivendicano e rivestono un ruolo di primo piano.
Un incontro dunque con l’editoria che non si tira indietro rispetto a questa sfida moderna contro un male atavico e che la combatte con il coraggio di chi scrive e pubblica ma soprattutto di chi legge. In questa direzione il festival ha tracciato un percorso di incontro tra queste persone, un percorso che proseguirà anche nelle scuole da settembre, alle quali saranno donati dei volumi che le case editrici hanno posto a disposizione per diffondere questa cultura della legalità, attraverso la conoscenza di cosa si fa, di cosa si è fatto e di quanto ancora sia necessario fare.
Una cinque giorni in cui forti sono state le testimonianze degli imprenditori calabresi Pino Masciari e Gaetano Saffioti, con un fiume di gente per gli interventi dei procuratori aggiunti presso le DDA di Reggio e Palermo, rispettivamente Nicola Gratteri e Antonio Ingroia, e del procuratore Capo della Repubblica di Torino Giancarlo Caselli.
Sabato, giornata intensa con orario non stop e dibattiti dislocati tra Palazzo Nicotera, Palazzo Panariti e piazza San Domenico fino a notte fonda, con il corso Numistrano tappezzato di stand. Una partecipazione significativa che attesta che la società civile vuole esempi di chi denuncia, di chi si pone al servizio della legalità nel mestiere che quotidianamente espleta. Rifiuti, veleni, droga, estorsioni, omicidi eccellenti, alleanze, pentiti e testimoni, vittime e carnefici di un frangente storico drammatico in cui a trainare l’economia non è certamente la legalità.
Dunque sotto la lente storie di connivenze, misteri, testimonianze di Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra. Tante le sfaccettature per raccontarne i tentacoli in oltre cinquanta i volumi.
Solo per citarne alcuni, la penna di Corrado De Rosa, autore de ‘I medici della Camorra’ edito da Castelvecchi, pone un accento sull’antimafia dei professionisti, più che sul professionismo dell’antimafia. Poi ancora l’analisi della ndrangheta al nord è tracciata nelle pagine di ‘Ndrangheta padana’ dallo scrittore Enzo Ciconte, edito da Rubbettino e la decodificazione di Cosa Nostra è affidata ai pizzini di Provenzano nel ‘Codice Provenzano’ dal procuratore Aggiunto della DDA di Reggio Michele Prestipino, edito da Laterza.
Diverse denominazione ma c’è un solo filo rosso. Lungo e ancora consistente. E’ necessario spezzarlo e a farlo adesso ci sono anche i libri e i lettori, nuova energica e tenace speranza.
tratto da ReggioTV.it