Sulla scrivania del Ministro dell\’Interno Marco Minniti vi sono i documenti da analizzare per decidere se e quando procedere allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Lamezia Terme in Calabria, e non sarebbe la prima volta. In questa regione in particolar modo, i Comuni vengono sciolti e \”risciolti\” come se si ricominciasse a leggere sempre lo stesso libro più e più volte, ritrovando sempre le stesse frasi e gli stessi contenuti, ed è questo che succede in questa regione martoriata e ri-martoriata dal cancro mafioso della \’Ndrangheta dove però sembra che niente e nessuno, ancor meno lo Stato, voglia seriamente prendere quelle drastiche decisioni che \”ripulirebbero\” tutti i settori, da quello politico a quello imprenditoriale, dalle mafie. Serve a poco sciogliere un Comune se poi in quello che ne consegue ritroviamo vecchi e nuovi personaggi sempre conniventi con i clan ndranghetisti, servono azioni più dure e sicuramente più drastiche, controlli capillari e continui nel tempo per evitare ogni possibile infiltrazione mafiosa. Solo così col \”nuovo che avanza\” si potrà pensare ad un cambiamento epocale che ad oggi sembra solo ed unicamente un miraggio!!!
L\’assurdo record di Lamezia Terme, la città più ammalata di \’Ndrangheta
Per la terza volta si va verso lo scioglimento del comune. Il sindaco della legalità fu avvisato che doveva andarsene con un funerale di un imprenditore sparato e bruciato nello stadio comunale
Giannetto Speranza da dieci anni era il sindaco di Lamezia Terme. Sindaco della legalità, di uno schieramento del centrosinistra che aveva deciso di sfidare le cosche dimostrando che si poteva amministrare la città senza compromessi. Il mandato stava per scadere quando il 27 gennaio del 2015 nello stadio comunale con la squadra cittadina al completo si svolsero i funerali di un ultras violento, imprenditore edile, Domenico Maria Gigliotti, sparato sotto casa e poi dato alle fiamme nella sua auto.
Dopo Speranza
Quella folla allo stadio per un funerale così simbolico rappresentò il segnale premonitore che il clima a Lamezia stava cambiando. Che il sindaco Speranza poteva preparare le valigie e tornare a insegnare a scuola. Le elezioni di quella primavera consegnarono così Lamezia a una amministrazione di centrodestra. Infiltrata dalla ‘Ndrangheta, secondo la commissione d’accesso inviata dal Prefetto di Catanzaro.
Infiltrazioni mafiose
Per la commissione d’accesso, Lamezia va sciolta per infiltrazioni mafiose. E sarà la terza volta che accadrà, dopo gli scioglimenti del 1991 e del 2002. La pratica è sul tavolo del ministro dell’Interno Marco Minniti, che dovrà condurre una istruttoria e portare la decisione in Consiglio dei ministri.
Emergenza Calabria
Da quanti anni la Calabria è sempre una emergenza nazionale? Emergenza per l’inquinamento mafioso che condiziona anche la vita delle istituzioni democratiche? Magari si potesse accusare una certa antimafia di voler forzare la realtà. In questi ultimi mesi diverse associazioni antimafia che erano sorte in questi anni sono finite in disgrazia, sotto inchiesta giudiziarie. Con le accuse infamanti di aver “distratto” i fondi pubblici destinati a iniziative antimafia e invece spesi in parte per fini personali.
Pubblica amministrazione a rischio
Se è marcia una certa antimafia figurarsi quale è l’esito della guerra che si combatte nelle trincee della democrazia, gli enti locali. E dunque proviamo a raccontare questa ennesima Caporetto delle istituzioni. Consapevoli che persino nella operosa Lombardia lo Stato deve riconoscere (così hanno detto i pm di Milano commentando l’ultima retata di mafiosi) che le barriere contro le infiltrazioni nella pubblica amministrazione non esistono più.
Dimessi tre vicesindaci
All’indomani di una retata di ‘ndranghetisti a Lamezia, nel giugno scorso la Prefettura decide di mandare una commissione d’accesso al comune per verificare il tasso di inquinamento mafioso della amministrazione. In questi due anni e mezzo di giunta di centrodestra guidata dal sindaco Paolo Mascaro, si sono dimessi tre vicesindaci e diversi assessori. La commissione d’accesso ha concluso prima della scadenza di dicembre i lavori consegnando così la sua relazione al prefetto che a sua volta l’ha girata al ministro Minniti.
Il candidato incappucciato
Proprio l’ultima inchiesta giudiziaria della Procura antimafia di Catanzaro ha visto indagati per concorso esterno alle cosche della Ndrangheta il vicepresidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Paladino, e l’ex candidato a sindaco Pasqualino Roberto, consigliere comunale dimissionario dopo essere stato coinvolto in un’altra inchiesta quando era presidente di “Calabria Etica”. Va detto anche, per completare il quadro che è in carcere anche il fidanzato di Maria Lucia Raso, consigliera comunale.
Se non fosse drammatico, le inchieste giudiziarie hanno registrato un episodio che fa sorridere. Un candidato va incappucciato all’incontro con i vertici della ‘Ndrangheta per chiedere il sostegno elettorale. Forse non voleva farsi identificare da qualche estraneo alla mafia?